Pensate a Francesco Totti. Quando tutto quel che proverò a riassumere cominciò, nel 1994, Orenthal James Simpson, noto come OJ (che in inglese è anche lo slang per orange juice, il succo d'arancia, cioè la colazione di tutti), aveva 48 anni, era un campione che aveva stabilito i suoi record vent'anni prima ed era stato inserito nella hall of fame del football da dieci; era un simbolo, era un testimonial pubblicitario, era conosciuto e benvoluto da tutti: era il Totti d'America. Immaginate che Totti e Ilary si separino, che lei venga uccisa, che gli indizi conducano a lui, che la mattina in cui deve consegnarsi alla polizia lui invece fugga in macchina con un amico, una fuga che diventerà l'atto fondativo della cronaca nera in diretta alla tv. E poi immaginate che il processo alla caduta di questo dio duri un anno e mezzo: col tentativo (riuscito) degli avvocati di farne una questione razziale, e un'amica della morta che scrive un libro per dire che era una poco di buono cocainomane, e infine un'assoluzione che ha molto a che fare coi precedenti razzisti di uno dei poliziotti arrivati sulla scena del crimine, ma che preferiamo ricordare come il prodotto di quella telegenicissima scena in cui l'imputato misura i guanti che avrebbe indossato durante il delitto, e i guanti non gli entrano. Se non calzano, dovete assolverlo. In inglese faceva anche rima: se vuoi essere un avvocato che passa alla storia per l'assoluzione di un imputato che tutti credono colpevole, devi saperla mettere in poesia. If it doesn't fit, you must acquit.

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American Crime Story - Il caso OJ Simpson, serie che il 6 aprile arriva in Italia, su FoxCrime, è un piccolo miracolo: poteva sembrare una messinscena coi sosia, un siparietto di Santoro, e invece riesce a rendere attuale e avvincente una storia di cui sappiamo a memoria le linee maggiori (quella fuga in macchina in diretta televisiva, sull'autostrada vuota, impossibile da dimenticare, fu per i loro palinsesti il punto di non ritorno che Vermicino è stato per i nostri); e a ricordarci quelle minori. Io per esempio non ricordavo che Marcia Clark, la procuratrice che sosteneva l'accusa contro OJ, fosse stata così orribilmente massacrata dalla stampa: pagine e pagine su quant'era malvestita, copertine sull'orrore del suo taglio di capelli, persino una foto nuda venduta dalla sua ex suocera a un tabloid. Oggi c'indigneremmo e urleremmo al sessismo per una frazione di quel che allora subì senza che nessuno obiettasse. La serie televisiva e la riscoperta della vicenda la stanno trasformando in un'eroina femminista, con un bel po' di ritardo.

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E poi ci sono i dettagli visibili solo col senno di poi. Nel gruppo dei difensori c'è un civilista che è lì solo perché è un caro amico dell'imputato, e nelle conferenze stampa deve scandire il suo buffo cognome a giornalisti che non sanno come si scriva. La sua appena ex moglie è molto arrabbiata: dice che OJ ha ucciso Nicole, di sicuro, bastava vedere come la trattava da viva, lui deve smetterla di difenderlo; l'ex moglie lo dice anche alle bambine, nella stanza di una delle quali, subito prima della fuga in autostrada, OJ minaccia il suicidio. È la cameretta della tredicenne Kim. L'avvocato è Robert Kardashian, la moglie è Kris Jenner. Che qualcuno intervisti Kim Kardashian su come decise di diventare se stessa, che qualcuno glielo faccia dire: «Tutto è cominciato quando OJ voleva farsi esplodere il cervello sui miei poster». (Per aggiungere un altro strato agli incroci di fama e identità, Robert è interpretato da David Schwimmer, il Ross di Friends).

Forse il dettaglio meno credibile della serie è Cuba Gooding Jr., che fa OJ: così tracagnotto, così privo del serafico carisma del vero imputato. Bisogna fare uno sforzo, quando il capo di Marcia Clark le dice che no, non chiederanno la pena di morte perché nessuna giuria vuole condannare a morte OJ, l'America venera OJ. Bisogna ricordare com'era quello vero: splendido splendente, e con un'aria così da impunito da sembrare uscito dallo schermo cinematografico (aveva fatto particine, naturalmente: i cameo che s'addicono a un campione famosissimo).

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Con Nicole Brown.

Gooding somiglia più all'OJ di adesso, quello stanco e sfatto e in prigione. Non per l'assassinio di Nicole Brown e Ron Goldman (assieme a Nicole venne ucciso anche il suo amante, ma non era famoso e quindi, lamentano i suoi genitori nel telefilm, oltre che ucciso viene pure dimenticato; nella causa civile intentata dopo l'assoluzione penale, OJ fu condannato a pagare ai Goldman 33 milioni e mezzo di dollari). Di recente è stato ritrovato un coltello che era sulla scena del delitto e non fu mai esaminato, ma per la legge americana non si può essere riprocessati per lo stesso crimine. OJ non ha ufficialmente ammazzato l'ex moglie: è in carcere per una stupidissima rapina del 2007, voleva rubare alcuni souvenir sportivi col suo nome da un negozio di Las Vegas. Pesa 130 chili, le ginocchia non lo reggono più, ha il diabete, soffre – come tutti i giocatori di football anziani – degli effetti dei traumi cranici subiti. Dicono che non fosse contento della serie, ma che non riesca a non guardare ogni cosa che parla di lui. Pensate al crepuscolo degli dèi, ma di durata ultraventennale. 

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OJ Simpson nel 2013.