Quello che so su famiglia, matrimonio e infelicità l'ho imparato dalle serie tv
Gli sceneggiati degli ultimi tempi ci hanno insegnato che basta andare oltre le apparenze (cioè le trame) per scoprire che tutte le coppie si reggono su identiche architetture di simulazioni: i drammi che vediamo in tv sono solo un po’ più estremi di quelli della vita vera, per farci dire che poteva andare peggio
«Dovresti vedere la mia famiglia: non c’è uno di noi che non sia psicotico». «Tutte le famiglie sono psicotiche, Wade». Diciassette anni dopo, il dialogo che all’inizio del secolo stava nel romanzo di Douglas Coupland Tutte le famiglie sono psicotiche potrebbe venire utilizzato per un trattato di critica televisiva. Se c’è una cosa che gli sceneggiati degli ultimi anni ci hanno insegnato, è che tutti i matrimoni sono complicatissimi ma elementari, tutte le famiglie si odiano più della nostra, tutte le coppie si reggono su identiche architetture di simulazioni, tutti i romanzieri russi mentivano: le famiglie felici non somigliano a niente, se non all’inesistente. Certo, per essere telegenica all’infelicità dentro la televisione servono eventi più estremi di quelli che normalmente accadano nella nostra, di infelicità; ci serve guardarli e dire: poteva andarmi peggio. Ma non è detto che, sulla scala dell’infelicità televisiva, il padre che stupra il figlio produca più danni d’un normale mazzo di corna coniugali: ogni trauma casalingo è telegenico a modo suo.
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