Occhi espressivi, felici sul volto, capelli rosso fuoco, labbra e sorriso pieni, aperti, lineamenti giovanili che nonostante i 44 anni d'età le rendono un volto - definito dagli addetti ai lavori - da baby face. Ragione primaria per la scelta di Amy Adams per il ruolo di Camille Preaker nella miniserie televisiva Sharp Objects (17 settembre su Sky Atlantic), diretta da Jean Marc Vallée - regista del già noto Big Little Lies - e tratta dall’omonimo romanzo di Gillian Flynn, scrittrice anche del best selling thriller L'amore bugiardo - Gone Girl. Nel cast anche Patricia Clarkson, Eliza Scanlen e Chris Messina.

Nella serie, Camille Preaker, giornalista del St. Louis Chronicle, viene spedita dal suo caporedattore a Wind Gap, Missouri, cittadina in cui è nata e cresciuta, per indagare sull'omicidio di due bambine. I ricordi disturbanti sulla sua infanzia e su tutti i suoi “peccati” di gioventù portano Camille a diventare una specialista nell’autolesionismo.

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Cosa l’ha attratta di questo ruolo?

Quando ho letto il libro, ho immediatamente pensato di rendere Camille un personaggio della mia generazione, così da poterlo interpretare liberamente senza esporre il fianco a critiche stupide circa la differenza di età tra le due donne. Il soggetto del libro e della serie rappresenta il retaggio traumatico di donne di diverse generazioni, di donne abusate, psicologicamente distrutte, alcolizzate o con una natura dark.

Riesce ad interpretare ruoli comici o drammatici benissimo. Come fa?

Non ho un piano particolare. Mi piace la sfida che comporta ogni ruolo, interpretare personaggi con personalità opposte, e poi, quando ho sviluppato questo progetto con Jean Marc, ho amato il fatto che le “sue” donne siano piene di difetti, cicatrici, errori; sono tutte donne vere, vivibili sulla propria pelle. Recitativamente parlando, mi piace rischiare.

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A che scopo?

Ho una sola regola: attirare l’interesse di più gente possibile, esplorare a fondo il soggetto e raccontare la verità. Quando devo esporre argomenti seri e dolorosi, è giusto farlo nel modo più autentico possibile.

Ad Hollywood, è atteggiamento diffuso fra gli attori quello di fare molti lavori per mantenersi gli studi... Il lavoro peggiore fatto prima di diventare famosa?

Studiare non faceva per me, non mi sarei mai laureata. E quindi da ragazzina ho cominciato a fare un sacco di lavori per mantenermi, come la commessa, la cassiera e anche la cameriera da Hooters - sì, proprio quello, il locale famoso per le uniformi succinte delle cameriere. Poi tutto è cambiato quando ho ottenuto un lavoro quasi recitativo: servire cibo e bevande per delle rappresentazioni teatrali, tipo dinner theaters a tema.

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Sappiamo che è nata a Vicenza. Parla italiano?

No, non l'ho mai imparato e senza esercizio mai lo imparerò. Ho origini italiane per via di papà che era nell’esercito… Anche se non sono “italiana-italiana”, da voi ho preso il senso dello stile, la passione per la gente, il cibo e l’amore per la famiglia. Mia figlia si chiama Aviana, in onore del periodo felice che ho trascorso in un posto meraviglioso: Aviano, in Friuli Venezia Giulia.

Sa cucinare?

Abbastanza. So fare delle buonissime insalate, so bollire perfettamente un uovo, tagliare pomodori e cipolle, preparare da zero diversi sughi - adoro le salse e sono ghiotta di maionese. Il mio piatto italiano preferito? Facile, la pasta, e precisamente i bucatini con pomodori fresco e basilico. Però parliamoci chiaro… ho capito dai miei amici italiani che il cibo non serve a sfamare, ma è un'occasione sociale, d'amicizia.

L’amore della sua vita?

Oltre a mio marito, Leonardo Di Caprio: una cotta giovanile presa al cinema, mentre guardavo Titanic, l’avrò visto almeno 40 volte!