Quello che sanno fare i più bravi del mondo è inventare i mondi degli altri. Lo spettacolo di Bruce Springsteen a Broadway non è un concerto, pure se somiglia. Sono due ore ininterrotte di Springsteen sul palco – da solo, a parte un paio di canzoni con la moglie Patti Scialfa – con un pianoforte, due bicchieri d'acqua e un gran viavai di chiacchiere e chitarre. Sostanzialmente: è un ritorno a casa. Per lui – «Mister Born to Run» – che dopo aver passato tutta la vita a scappare, adesso può tornare a dormire nel suo letto tutte le sere, a 10 minuti di macchina dal posto in cui è nato («nel bel mezzo del cazzo di niente», New Jersey). Ma pure per me, che in quell'America di notti in veranda e fughe coi finestrini abbassati ci sono cresciuta senza neanche prendermi il disturbo di attraversare l'oceano.

Cronaca di due ore indimenticabili al teatro Walter Kerr di Broadway con Bruce Springsteen, Mr. Born to Run: più che un concerto, è stato un ritorno a casa.pinterest

Non c'è da preoccuparsi, sostiene: anche lui è un imbroglione. In Born to Run, l'autobiografia sottintesa – e ampiamente citata – durante tutto lo spettacolo, Springsteen confessa di essersi sempre sentito un po' una truffa: uno che parlava di corse in macchina prima di prendere la patente, di guerra in Vietnam da recluta riformata, di alienazione operaia senza aver mai messo piede in una fabbrica. «Questa è la prima volta che ho un lavoro vero: cinque giorni a settimana», dice per cominciare, «E mica mi piace». Ma la sindrome dell'impostore è solo un trucco di magia. Bruce Springsteen non è mai stato più a suo agio di così. Siamo noi, i 975 ammessi nel minuscolo Walter Kerr Theatre di New York – per l'ultima replica di queste prime 16 settimane; riprenderà il 28 febbraio fino a giugno – che non sappiamo bene come comportarci.

Cronaca di due ore indimenticabili al teatro Walter Kerr di Broadway con Bruce Springsteen, Mr. Born to Run: più che un concerto, è stato un ritorno a casa.pinterest

Quando l'estate scorsa ho lasciato dati e speranze a Ticketmaster in cambio dell'incredibilmente remota possibilità di pagare un sacco di soldi per un biglietto – 508 dollari di media: è lo show più caro nella storia di Broadway, e quello che da solo ha tenuto in attivo la strada dei teatri in questo gelido inverno – non sapevo bene cosa aspettarmi. (A parte: niente, figurati se quelli vanno a estrarre proprio me; conservo l'sms col portentoso codice d'accesso tra le reliquie di una vita: mi ricordo persino com'ero vestita). Il primo impatto è piuttosto destabilizzante: tutta questa intimità è surreale, siamo così vicini che sembra impertinente persino respirare. Nessuno balla, nessuno canta, nessuno batte le mani. Però posso contare quante rughette gli si arricciano intorno agli occhi quando ride (senza amplificazione). Rispetto al concerto di Bruce Springsteen standard – ovvero: oltre tre ore forsennate di imprevisti e probabilità – è un territorio inesplorato. Un mondo nuovo.

Cronaca di due ore indimenticabili al teatro Walter Kerr di Broadway con Bruce Springsteen, Mr. Born to Run: più che un concerto, è stato un ritorno a casa.pinterest

Se lo è inventato all'incirca un anno fa. Obama lo aveva invitato a tenere un concerto per ringraziare il personale della Casa Bianca a fine mandato, e Springsteen aveva messo a punto una scaletta acustica: molto personale, perciò molto politica, «ché niente è più significativo del posto in cui sei nato». A fine serata, sulla strada verso casa – dove tutto sempre succede – quella scaletta è diventata un pezzo di teatro. Ma siccome non si può accendere un fuoco senza scintilla, per sciogliere ogni rigidità e far combaciare i nostri 975 mondi col suo (imposture comprese) c'è bisogno di un ricordo comune.

Cronaca di due ore indimenticabili al teatro Walter Kerr di Broadway con Bruce Springsteen, Mr. Born to Run: più che un concerto, è stato un ritorno a casa.pinterest

Springsteen comincia a suonare Tenth Avenue Freeze Out, la canzone caciarona che racconta la E-Street Band, e subito evoca l'assenza di Clarence Clemons – «Mio fratello, il mio sax, la mia ispirazione, il mio socio, il mio migliore amico» – morto nel 2011 dopo 40 anni alla sua destra: «Era un elemento della mia vita: è come se mi avessero tolto la pioggia». È lì che il palco smette di essere vuoto, che lui smette di essere solo, che noi 975 smettiamo di sentirci borghesi irregimentati nelle nostre preziose poltroncine, e cominciamo a battere (almeno) i piedi con soddisfatta discrezione. In un mondo in cui il diritto a divertirsi è inalienabile, un distintissimo teatro di Broadway può diventare il centro esatto del rock'n'roll, cinque giorni a settimana.