Veronica Roth ha solo 27 anni ma è già una star. L'autrice della saga Divergent, Insurgent, Allegiant e Four (usciti per De Agostini) ha creato un ingorgo a Milano, quando si è fermata in una libreria del centro, per autografare le copie dei suoi libri. Il successo, del resto, era scontato. L'autrice ha venduto 36 milioni di copie in tutto il mondo e 500 mila in Italia. Dai primi tre volumi della saga sono stati tratti altrettanti film, campioni di incassi ai botteghini. Noi l'abbiamo intervistata nel corso della sua ultima affollatissima tournée italiana.

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Lei ha iniziato a scrivere giovanissima.

È vero. Ho avuto la fortuna di trovare un insegnante al liceo, che mi ha spinto a continuare. Così mi sono iscritta alla NorthWestern University per un corso biennale di scrittura creativa. Eravamo in 15. Ha funzionato!

Com'è nata l'idea di ambientare il suo primo romanzo in un mondo futuristico?

Al college ho seguito un corso di terapia comportamentale espositiva, una branchia della psicologia che aiuta le persone ad affrontare le proprie paure. Ho pensato di usare quest'esperienza in un contesto fantascientifico.

Lei ha qualche paura particolare?

Le mie fobie sono molto più visive rispetto a quelle dei miei personaggi: soffro di vertigini, non posso salire sulle montagne russe... E mi fermo qui, perché l'elenco sarebbe infinito.

Qual'è la sua scrittrice preferita?

Direi Suzanne Collins, l'autrice di Hunger games.

Cosa pensa dei film che sono stati tratti dai suoi libri?

Vede, quando si scrive una trasposizione cinematografica si deve per forza essere più sintetici rispetto a un libro. Per un autore non è facile accettare i cambiamenti, perché vengono tralasciati dei dettagli importanti. Quando ho venduto i diritti dei libri ne ero perfettamente consapevole, ho cercato di godermi il più possibile questa esperienza, conoscendone in anticipo i limiti. Per cui, anche se continuo a preferire i miei libri ai film, perché sono più completi, sono consapevole che cinema e scrittura sono due linguaggi diversi.

Quanto tempo ha impiegato a scrivere i libri? 


Un anno, compreso l'editing, per ogni libro. Tranne che per Allegiant, che è stato un po' più laborioso.

Lei è molto attiva sui sociale network. Non si sente un po' troppo sotto i riflettori?

Purtroppo sì. I miei lettori mi guardano sui social e scrivono in tempo reale quello che pensano del mio lavoro. Non è una situazione facile da gestire, perché noi scrittori siamo tutti un po' sociopatici e per me è strano pensare che scrivere su snapchat faccia parte del mio lavoro. Ma ho capito che è importante e lo faccio.

Come si è sentita quando ha finito la saga?

Non è stato facile, a un certo punto mi sono bloccata, non riuscivo più ad andare avanti. Così ho ripreso tutto in mano e adesso sono contentissima del finale che ho scritto.

Dove scrive?

Ovunque. In ufficio, in cucina, persino sul tapis roulant!