Joaquin Phoenix e Rooney Mara stanno insieme. Già lo sussurrava il gossip – l'amore sarebbe nato sul set di Mary Magdalene lo scorso autunno – ma il coup de théâtre della conferma ufficiale è arrivato al Festival di Cannes. Lei gli stava accanto, mano nella mano, in un favoloso abito bianco firmato Dior quando, durante la cerimonia di chiusura, è stata annunciata la sua vittoria come miglior attore: sbigottito, Phoenix ha raggiunto il palco solo dopo che lei – «la mia fidanzata», ha detto lui indicandola alla conferenza stampa dopo la premiazione – l'ha sollecitato ad alzarsi. E dopo averla abbracciata stretta. «Non me l'aspettavo affatto, come potete notare dalle scarpe», ha detto poi, mostrando le Converse che portava sotto lo smoking. «Non indosso cuoio e avevo già rispedito a casa in aereo le scarpe buone che ho usato in questi giorni!».

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Joaquin Phoenix al Festival di Cannes 2017 con Rooney Mara.

You were never really here è il titolo del film diretto dalla regista scozzese Lynne Ramsey (vincitrice del premio per la migliore sceneggiatura), con cui un incredulo Phoenix ha conquistato la Palma d'oro, ma avrebbe dovuto aspettarselo, invece, di salire su quel palco, perché la sua interpretazione è a dir poco strabiliante: un veterano di guerra che gira per New York uccidendo a martellate pervertiti e criminali, con l'intenzione di vendicare non solo le giovani vittime di uomini che potrebbero essere loro genitori, ma anche il proprio passato di bambino abusato dal padre. Un lavoro d'attore intenso, viscerale, coraggioso, che ha comportato anche una trasformazione fisica e una profonda immedesimazione emotiva.

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Joaquin Phoenix ha vinto la Palma d\'oro 2017 come miglior attore per la sua interpretazione in You were never really here.

Come fa a calarsi così profondamente in un ruolo?

Ogni personaggio passa attraverso il filtro della mia esperienza di vita. E di ognuno cerco di cogliere l'umanità, anche se compie azioni discutibili. Sarebbe facile annettermi tutte le qualità di un ruolo positivo, invece devo accettare che anche le caratteristiche sgradevoli siano parte di me.

Come sceglie i ruoli da interpretare?

Puro istinto. È come quando ti innamori: non sai perché, succede e basta. Leggo una sceneggiatura e so a pelle che devo fare quell'esperienza. Cerco soprattutto di non scegliere un personaggio che sia un cliché, o un film che è lontano dalla realtà. A volte leggo certi dialoghi e mi dico: non conosco nessuno che parli così.

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L\'attore con Ekaterina Samsonov in una scena di You were never really here.

Certo, è difficile inventarsi qualcosa di nuovo al cinema.

Infatti si tende a rifare lo stesso film cento volte, affrontando sempre gli stessi temi, e quindi la differenza la fa l'approccio alla storia, e la qualità del regista.

Come si prepara per un film?

Non sono uno di quegli attori che hanno un metodo (si riferisce al famoso metodo di recitazione dell'Actors Studio, ndr), mi limito a raccogliere quante più suggestioni possibili sul film e sul personaggio: testi scritti, fotografie, brani musicali. Poi però non ho idea di quanto di tutto questo entrerà a far parte del ruolo: è una preparazione random, con risultati imprevisti.

Non si rischia di ritrovarsi in testa una gran confusione?

A me piace sentirmi confuso e non sapere esattamente dove vado a parare, mi permette di reagire a quello che succede sul set, al lavoro degli altri attori.

Io non voglio limitarmi a recitare la confusione: voglio proprio viverla.

Lei è cresciuto in una comunità hippie, i suoi fratelli hanno tutti nomi di elementi naturali e anche lei originariamente si chiamava Leaf, cioè Foglia. C'è qualcosa di quel background nel suo approccio alla recitazione?

Credo che la cultura hippie abbia lasciato tracce molto profonde sul presente: i miei nipoti, per esempio, frequentano una scuola alternativa che rispecchia la mentalità dei figli dei fiori.

È vero che lei è una persona estremamente sensibile?

Sono molto ricettivo alle emozioni, per questo scelgo film in cui c'è un fondo di malinconia, e si racconta la storia di un cuore spezzato.

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Ma c'è anche molto umorismo nelle sue interpretazioni.

Certo, perché fa digerire anche le storie più difficili da guardare, e ti regala momenti di sollievo quando le emozioni si fanno troppo intense.

A proposito di intensità, lo sa che lei ha uno sguardo molto severo?

Eh, infatti qualcuno ha scritto che mette paura.

Forse perché si capisce che non ama essere intervistato.

Non è colpa degli intervistatori, è colpa mia: nelle interviste tendo a dire un sacco di boiate. Poi c'è chi le scrive, e diventano proclami.