Un jeans e una maglietta, giacca di pelle e testa bassa, ma lo sguardo che corre fulmineo lungo direzioni precise e imprevedibili. Come vedesse quello che agli altri sfugge. All'inizio di Personal shopper (il film di Olivier Assayas al cinema dal 13 aprile), l'identificazione di Kristen Stewart con il suo personaggio è un riflesso automatico. Poi il film prosegue in direzioni sovrannaturali che l'assai concreta carriera di Stewart non conosce, ma di persona quel vago senso di alterità permane: lei non è di questo mondo. Non completamente, almeno: sta per compiere 27 anni e ha già vissuto almeno un paio di vite. Quando l'abbiamo incontrata al Sundance film festival aveva appena esordito come regista del cortometraggio Come swim. Dopo 15 anni di carriera – un debutto stellare, Panic room (2002); una saga leggendaria, Twilight (2008-2012); il César per Sils Maria (2015), e Billy Lynn – Un giorno da eroe di Ang Lee, uscito da poco in Italia – sembrava finalmente rilassata.

Come ha imparato a gestire la celebrità?

Sono sempre stata una ragazza introversa: una che non amava farsi fotografare, essere guardata di continuo… e che lavoro ho scelto? L'attrice! La verità è che non mi aspettavo di diventare una star. Ho cominciato per sentirmi più vicina al mondo dei miei genitori (il padre è un produttore, la madre supervisiona sceneggiature, ndr). Li vedevo poco, lavoravano 18 ore al giorno e spesso erano esausti, ma sempre pieni di entusiasmo. Amavano quello che facevano e questa cosa mi incuriosiva molto. Ho usato questa professione per nascondermi in ruoli diversi e combattere la mia timidezza. Ora, finalmente, mi godo la fama e faccio i film che voglio.

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Kristen Stewart con l\'ex fidanzato Robert Pattinson.

I progetti che ha scelto finora sono tutti piuttosto anticonvenzionali. Quali sono i suoi criteri?

Seguo il mio istinto come un animale, in carriera e in amore. Finora, nonostante gli alti e bassi, non mi sono mai sbagliata. Non so: magari mi è rimasto un qualche sesto senso da vampiro di Twilight...

Le manca Bella Swan?

Qualche volta, ma so che tutti i personaggi che ho interpretato saranno sempre con me. Hanno contribuito a cambiarmi e farmi crescere, rendendomi quella che sono adesso. Penso che la mia vita sia un lungo viaggio e ancora non conosco la destinazione finale.

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Kristen Stewart nella sua vita ha cambiato molte pettinature. Eccone alcune.

Anche Maureen, la protagonista di Personal shopper, vive in una specie di bolla rarefatta, isolata dal mondo.

Di mestiere sceglie vestiti e accessori – tra cui scarpe… da morire! – per una celebrità. Deve continuamente vedersi nei panni di un'altra e questo la rende un po' aliena, scollata dalla realtà. Un distacco che diventa ancora più profondo quando muore suo fratello gemello, al quale era profondamente connessa. Abbiamo girato a Parigi e io sono cresciuta a Los Angeles: anche questo mi ha aiutato a sentirmi straniera.

Il film è un thriller fantastico, con manifestazioni paranormali. Ha paura dei fantasmi?

Lei no? La mia protagonista ne è angosciata, ma per lei è un modo per stare vicino a chi non c'è più. Difficile immaginare quanto sia duro perdere qualcuno che si ama tanto.

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Al Sundance era presente come regista di Come swim, un cortometraggio all'interno del progetto Shatterbox anthology di Refinery29, per promuovere la regia al femminile, nei giorni in cui le donne marciavano per affermare i propri diritti. Quanto è importante la parità per lei?

Chi mi conosce sa che la risposta è super ovvia. Credo nella parità delle donne in tutti i settori, sostengo i diritti delle coppie dello stesso sesso e di tutte le minoranze. E non mi stancherò mai di combattere per difendere questi valori.

Pensa che sia ancora possibile, nell'America di Trump?

Penso sia un bene vedere tanta rabbia e malcontento in giro, perché vuol dire che non ci siamo arresi. La democrazia è anche questo: libertà di protesta. E mi auguro che tutta questa energia possa scatenare una rivoluzione di pensiero, ispirata da noi artisti, dalle persone famose che riescono a influenzare l'opinione pubblica, come anche dalla gente comune che ama l'America per l'ideale democratico che ha sempre rappresentato. Dobbiamo rimanere uniti e non dare ascolto a quelli che cercano di dividerci definendoci "le donne" o "gli arrabbiati".

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Come'è stato dirigere Come swim?

Non trovo ci sia troppa differenza tra recitare e dirigere, perché a me piace ascoltare molto gli attori. Credo sia importante saper cogliere i loro suggerimenti in ogni momento della lavorazione. Il mio approccio al progetto è molto simile: un'immersione totale, anche quando mi trovo dietro la telecamera.

Pensa che dirigerà ancora? Magari lungometraggi?

Certo! Mi pare di aver aspettato fin troppo. Lo so, sono ancora giovane, ma ho cominciato a lavorare da bambina, sono una veterana dell'ambiente. E scrivo da sempre, prevalentemente poesie, non escludo di dedicarmi alla sceneggiatura.

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Guardando Come swim pare di capire che lei sia molto interessata al mal d'amore: per 17 minuti assistiamo alla disperazione di un uomo per la fine di una relazione. I suoi pensieri lo tormentano sott'acqua, mentre si sente fortissimo il rumore del cuore che pulsa.

A tutti si spezza il cuore in qualche modo, quando finisce una storia importante: che si lasci o si venga lasciati. È umano che ricordi e pensieri affollino la testa alla velocità della luce e ci si tormenti chiedendosi come sarebbe davvero andata se avessimo fatto questo o quest'altro.

Lei ha sofferto molto?

Ho sofferto sì, ma ho imparato a superare il dolore, anche grazie alla capacità di custodire dentro di me i momenti più belli di ogni storia, abbandonando la rabbia e il rancore. Bisogna guardare sempre avanti.

Durante la relazione con Robert Pattinson, i media la infastidivano. Ora, dopo che si è dichiarata bisessuale e ha avuto diverse storie importanti, ha trovato la sua strada?

Da giovane ero molto insicura. Lo sono anche adesso, ho sempre paura di sbagliare. Ma ho deciso di rilassarmi, di provare a godermi la vita e a lasciarmi andare. È l'inizio di una nuova era: sorrido anche di più!