Un nuovo shock emotivo, ricco di estetica e da (ri)gustare.

Luca Guadagnino fa suo l’insegnamento di uno dei suoi grandi maestri, Dario Argento, realizzando il sogno/incubo di questa Mostra di Venezia 2018, grazie alla propria personale versione di Suspiria.

Il capolavoro originale ambientato a Friburgo torna ancora in Germania, nella Berlino divisa del muro: una città, come lo sono state in passato Torino o New York, ridiventa il palcoscenico perfetto nel rappresentare il Male puro. L’esperienza da vivere insomma, senza coprirsi gli occhi, è sicuramente tra le più affascinanti e profondamente rosse (il colore dominante e mutante, indossato anche sul carpet dalle attrici).

La storia è nota: nel 1977 una giovane ragazza, Susie Bannion, qui interpretata dalla conturbante Dakota Johnson, viene ammessa in una prestigiosa scuola di danza, al fine di essere seguita dalla famosa e ambigua Madame Blanc -Tilda Swinton. Ma l’energia spettrale che regna in quel luogo fa nascere sospetti morbosi e rivelatori, su ciò che davvero si cela dietro a tutto, sacrifici, scomparse, misteri, morti violente, e una Madre Terribile. Il Suspiria di oggi guarda però oltre, lo fa in maniera puntigliosa, dettagliata, assumendo le sembianze allegoriche di stili e contaminazioni a tratti poetiche e fashion.

C’è soprattutto la musica di Thom Yorke, leader dei Radiohead, artefice della colonna sonora e delle canzoni di Suspiria, a far vibrare tutto, la scenografia teatrale, sontuosa, così quanto le danze fisiche, sfrenate, selvagge, assaporano di musical satanico, strisciando negli spazi-trappole pittorici, angusti, messi in scena magnificamente in un altrettanto sabbah sconvolgente.

Guadagnino stupisce e osserva, colpendoci alle spalle, con discrezione ed eleganza. E se le sue donne (non manca il cameo splendido di Jessica Harper, protagonista della pellicola di Argento) sono tutte bellissime ed ipnotiche, il desiderio di realizzare l’ennesimo immaginario fatto di riti e terrore, è la prova tangibile di un autore, lui sì, senza paura.