Alison Brie è scatenata. Sorride, scherza, fa battute, sfoggiando un abito dai colori sgargianti. Sembra l'incarnazione del suo personaggio: l'esuberante wrestler Ruth, che dal 29 giugno torna sul ring di Netflix per gli episodi della seconda stagione. Per chi ancora non conoscesse la serie (male, recuperatela subito!), la storia è un tuffo negli anni 80, nel surreale mondo delle Gorgeous Ladies Of Wrestling (da qui, l'acronimo G.L.O.W.): atlete, modelle e attrici che, all'epoca, si trasformavano in wrestler facendo il verso ai colleghi uomini. Il fenomeno è più americano che italiano, ma resta attualissimo perché trasuda di girl power.

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Certo che Glow non poteva andare in onda in un periodo storico migliore...

La serie è stata scritta prima del movimento #metoo, ma ne anticipa di fatto le battaglie facendole sue. D'altronde stiamo parlando di temi sui quali si è sempre discusso tra gli addetti ai lavori, sebbene a porte chiuse.

Quanto è difficile parlare di femminismo senza scadere nella mera militanza?

Più che uno show femminista, Glow è una serie sull'emancipazione delle donne. La sua forza sta nell'autenticità: pur essendo una commedia, per giunta ambientata negli anni 80, racconta storie concrete, vicine alla vita reale, che coinvolgono diversi tipi di donna, ognuna con differenti background. E' uno show al contempo folle, serio, spericolato: ci hanno dato la possibilità di compiere scelte audaci. E noi l'abbiamo fatto.

Per restituire una tale veridicità, era importante che la troupe fosse tutta al femminile, come la vostra?

Sicuramente ha fatto la differenza trovarsi in un ambiente aperto al confronto. Lo script era impeccabile, per cui non ci siamo mai trovate nella situazione di dover chiedere cambiamenti, ma il solo fatto di poter capire perché gli autori avessero optato per quel tono o per quella precisa svolta narrativa, aiutava a entrare maggiormente nella storia. Ricordo, per esempio, che nella prima stagione abbiamo parlato a lungo degli stereotipi femminili e su quali differenti personaggi avremmo dovuto incarnare sul ring. Chiunque avesse domande, era sempre ben accette dalle sceneggiatrici. Si sono presentate dicendoci: noi abbiamo in mente questa storia, vogliamo spiegarvi perché.

E' prassi anche quando la troupe è maschile?

Personalmente sono sempre stata una che si teneva in disparte: facevo quello che mi veniva chiesto, senza porre troppe domande. Recitando in Glow mi sono invece resa conto di come il confronto sia un vantaggio per tutta la troupe: permette di crea il giusto clima sul set. Mi è stato evidente quando in Glow ho dovuto affrontare la mia prima scena di nudo: nessuno mi ha detto “stai zitta e lavora” ma tutti si sono prodigati perché fossi a mio agio.

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Anche lei, come Ruth, si è trovata nella situazione di rifiutare ingaggi, perché lontani dal suo modo di sentire?

Ebbene sì... Si trattava di produzioni piccole, ma sì: l'ho fatto! Temo che il problema si presenterà, di nuovo, dopo Glow: qui la storia, l'ambiente, la troupe sono fantastici. Sarà difficile trovare la stessa qualità altrove!

E cosa mi dice, invece, della moda anni 80?

L'adoro perché erano tutti vestiti pensati per le donne curvy. Sul set, in particolare, ho amato alla follia i maglioncini in mohair di Debbie!

Cosa dobbiamo aspettarci dalla seconda stagione?

Sicuramente, ancora più wrestling. Il rapporto tra Ruth e Beth resta centrale ma subirà una svolta: se prima il ring era, di fatto, una scusa per continuare a rimanere insieme, adesso le due protagoniste dovranno affrontare problemi ancora più grandi, che sono stati da sempre connaturati alla loro amicizia.

Una curiosità: qual era la serie tv della sua adolescenza?

Sono cresciuta a pane e Dawson’s Creek: quando Dawson si è masturbato, mi si è aperto un mondo!