Givenchy per me è un nome bianco e verde. Una grande distesa di erba e neve dove ci si sofferma. Baudelaire spiega molto bene Givenchy: lì tutto è ordine e bellezza, lusso, calma e piacere.

Per Patrick Modiano, Nobel per la letteratura nel 2014, Hubert de Givenchy, fondatore della maison Givenchy, morto a 91 anni, era questo e molto altro. Nato a Beauvais nel 1927, Hubert James Taffin de Givenchy a 17 anni si trasferisce a Parigi per seguire il suo sogno: completare un tirocinio in una casa di moda francese. Il suo esordio da Jacques Fath (mentre studia disegno presso l'École nationale supérieure des beaux-arts , la scuola nazionale francese di belle arti), la sua evoluzione da Robert Piguet, la sua maturazione da Elsa Schiaparelli.

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Nei primi anni Cinquanta, Givenchy fonda Givenchy in Rue Alfred de Vigny a Parigi. Qui presenterà la sua prima collezione e i suoi Separates: look formali formati da bluse raffinatissime e gonne leggere come veli. Prima collezione, primo vocabolo inserito nel dizionario della moda, primo enorme successo.

E poi l'incontro della vita, quello con Audrey Hepburn nel 1953 (per lei disegnò i costumi di Sabrina, e Audrey nel 1957 prestò il suo volto per il primo profumo della maison: L'Interdit, a lei dedicato).

Hubert e Audrey "L'ultima volta che ho visto Audrey Hepburn era il 1993, eravamo in Svizzera", ha raccontato in occasione di Hubert de Givenchy. To Audrey with love, ultima sua mostra personale ad Aia, in Olanda. "Le avevano dato tre mesi di vita, era molto malata ormai. E debole. Mi ha ricevuto in camera da letto e mi ha detto: "Hubert, scegli uno tra quei tre impermeabili che vedi appesi e portamelo". Gliene portai uno blu notte, lei se lo strinse forte al pezzo e disse: "Ogni volta che ti sentirai triste, indossalo". Da allora non l'ho più rivista". Quello tra Hubert e Audrey fu un intensissimo amore platonico, nato dal loro primo incontro, quella volta a Parigi nel '53. Poi lei un giorno lo invitò fuori a cena ("Figuriamoci, ho pensato, una donna che invita un uomo a cena. Ma alla fine ho accettato. A fine serata mi aveva conquistata e da allora non ho mai smesso di sentirla"). Si sentivano al telefono ogni giorno e Audrey diceva a Hubert quanto gli volesse bene. Il loro legame è storia, mito e leggenda reso eterno da un sigillo: il 5 dicembre 2006 Christie's batte all'asta per quasi 500mila sterline il tubino nero Givenchy di Audrey Hepburn indossato in Colazione da Tiffany.

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Hubert e Cristobal L'incontro che in assoluto segnò il suo percorso personale e professionale fu quello con il suo idolo (prima) e amico (poi), Cristobal Balenciaga. "Cristobal lo tranquillizzava dalla paura di mettersi in proprio", racconta Simona Lumachelli, archivista di Monsier Hubert de Givenchy, "lo rassicurava dicendogli che si sarebbero incontrati tutte le sere al caffè per parlare e scambiarsi opinioni". Mitico il loro abito a sacco, evoluzione dell'abito camicia (il più copiato di sempre), e i cappotti Balloon. Insieme studiavano i materiali e li rendevano opere d'arte: la flanella per i pantaloni, il lino per gli abiti estivi, le cigaline e il satug (misto di satin e shantug).

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Hubert e Simona Lumachelli Archivista di Monsieur Hubert de Givenchy, per lui ha assemblato il primo e unico archivio creato partendo della sua rassegna stampa, dal 1952 (anno della nascita della maison), al 1975 (anno della sua esplosione). Un archivio che nasce dalla consultazione degli archivi della biblioteca del Polimoda di Firenze, della biblioteca Tremelloni di Milano e della Fondazione Ratti e del Museo del Costume di Como. Era il 2011, anno dell'inaugurazione del Museo Balenciaga (che Monsier Givenchy contribuisce a creare e alimentare), quando Hubert confida a Simona di non possedere un archivio privato. Molto andò perso, o rimasto in atelier dopo la vendita del marchio, nel 1988. Bisognerebbe frugare negli armadi delle ricche signore francesi o di fortunate nipoti per ritrovare qualche capo appartenuto alle sue storiche collezioni. Eppure. Eppure l'unico modo per tracciare la storia del couturier era creare un archivio della rassegna stampa: Vogue, L'Officiel, Harper's Bazaar, Elle France. Un tesoro che racconta la memoria del couturier gentiluomo più raffinato di Parigi.