Moda e tecnologia non sono mai andate così a braccetto e non stiamo parlando di macchine da stampa, di nuovi tessuti e nemmeno di sarti 2.0 che tagliano e cuciono tramite computer ma di tutto quel corollario di cui le aziende fashion si stanno dotando per produrre meglio ma soprattutto vendere meglio. La gente non ha più tempo per andare in negozio, via di e-commerce sempre più usabili. Le persone sono stufe di provare vestiti che poi puntualmente tirano sul seno e/o sono corti sulla gamba, via di specchi che fanno il fitting al posto nostro e così via.

E se i brand del lusso possono godere di una certa flessibilità data dal nome e dall'expertise, che concede tempo e dà il beneficio del dubbio sempre, la moda fast fashion finisce per essere (o dover essere) all'avanguardia, essere al passo con i tempi anzi, (ri)scriverli proprio. E così ci sono sempre più brand, player giovani che fanno della velocità il proprio punto di forza, che smuovono le acque e stanno con il fiato sul collo ai big. Lo sa bene Zara che se è vero che in quanto a investimenti non bada a spese ma altrettanto vero che quotidianamente è costretta a mettere sul piatto nuovi mezzi per vincere la sfida e mantenere lo scettro delle vendite e non solo del nome.

Come si legge su Businessoffashion.com, infatti, realtà solo online come Boohoo.com e Missguided riescono a mantenere processi molto snelli e veloci tanto che la linea di produzione, che va dalla creazione al prodotto finito in punto punto vendita, dura massimo una settimana mentre un colosso come Amazon è destinato a superare Macy's nella vendita di abbigliamento sul mercato americano. Proprio per questo Inditex starebbe spostando risorse, tempo e personale sulla ricerca di aziende tecnologiche e talentuose start-up pronte a fargli vincere la partita. Obiettivo primario? Migliorare la gestione delle scorte, ottimizzare il lavoro dei negozi fisici, tecnologia a ultrasuoni per tracciare il passaggio nei negozi e potenziamento degli assistenti virtuali, abbreviare i tempi di consegna.

La vera sfida dei colossi fast fashion pare infatti che si giocherà proprio a livello produttivo. "Per abbreviare i tempi di consegna, non c'è altro modo di fare produzione locale" ha sottolineato Felipe Caro, professore della UCLA Anderson School of Management che ha scritto un case study su Zara. Il modello di business di Boohoo.com, ad esempio, è quello del "test and repeat" ovvero vengono inizialmente prodotti piccoli lotti per poi aumentare la produzione di quelli che vendono meglio, ma a colpire è che la società fondata a Manchester nel 2006 produce oltre la metà dei suoi prodotti in Gran Bretagna. Mood che ha colpito anche Asos che ha aumentato la produzione in casa per migliorare i tempi di consegna. In quanto a Inditex, e nella fattispecie a Zara, ha già iniziato a integrare le vendite online con la propria rete fisica offrendo ai propri clienti sempre più un'esperienza mista: provi in negozio e acquisti successivamente da pc o smartphone e il futuro non potrà che riservare altre (brillanti) sorprese.