«Non è una proposta di moda», rassicurava Kanye West nell'intervista a Vogue America pubblicata online qualche ora prima della sfilata – in ritardo scostumato – di Yeezy Season 4, mentre i giornalisti intruppati e ignari raggiungevano l'isola di Roosvelt in pullmann.
Non è stata neanche una sfilata di moda, in effetti. Per due ore, dozzine di modelle (scelte con una chiamata su Twitter rivolta a «donne multirazziali senza trucco») sono rimaste in piedi, sotto il sole innaturalmente bollente di questo settembre a New York, in mutande e canottiera marròn. Quando hanno cominciato a barcollare e poi cadere, nessuno ha capito se fosse colpa di fisiologico sfinimento o significante sceneggiatura.
Vanessa Beecroft, che pure quest'anno ha collaborato all'installazione, sostiene che il problema delle figuranti fosse «lo stress emotivo», mica la disidratazione, e il ritardo parte sostanziale della performance, per costringere il pubblico in uno «stato meditativo» – nientemeno. Ma si sono dimenticati di avvertire le Kardashian/Jenner, che sono arrivate giulive e riposate solo pochi minuti prima della sfilata vera e propria (prevalentemente sbrindellata, prevalentemente beige).
«Questa è una proposta umana», concludeva nell'intervista il suo pensierino Kanye West. Come Benetton, ma senza i colori. Lui dice di ispirarsi alla vita quotidiana: la sua e dei suoi familiari stretti. Quella in cui, se vai al parco con un paio di stivali di plastica trasparente, un assistente ti raccatta prima che tu riesca a slogarti una caviglia.