«La domanda, quando arrivi a un festival di elettronica o in una grande discoteca, è sempre: "Vuoi MD?", oppure: "Hai MD?"», le due letterine essendo l'ovvia abbreviazione di Mdma, il principio attivo dell'ecstasy. E cioè, mi spiega Emanuele, 26 anni, habitué di Formentera, «un ottimo ingrediente per rendere perfetta una serata speciale. L'elettronica di suo è ripetitiva, ipnotica: per godertela davvero, o ti ubriachi o ti sballi».

Il 90 per cento di chi va in discoteca beve, uno su dieci, calcola a spanne Emanuele, assume qualche droga, ma chiudere posti come il Cocoricò è un gesto disperato e inutile: «Non significa estirpare lo spaccio, solo dirottarlo per qualche mese altrove», scrive Federico Sbandi, 25 anni, star di Twitter e social media manager. «Il problema non è dove compri la droga. Il problema è, al massimo,perché lo fai».A chi, al posto della chiusura, invoca maggiori controlli va tolta ogni illusione: le droghe entrano ovunque. Mi racconta Tancredi, 22 anni: «In Italia non c'è una cultura dei club, il Cocoricò era forse l'unico a proporre con regolarità musica di qualità, deejay internazionali. All'estero è diverso, ci sono posti super. I tedeschi sono gente che rispetta le leggi eppure si drogano parecchio. A Londra è uguale: sono stato in un locale, all'ingresso c'erano metal detector e perquisizioni, dentro però girava di tutto, roba in quantità, come non ne avevo mai vista».

La cosa che non ti vorresti sentir dire è che ci si droga «perché è bello», come racconta Caterina, 20 anni, che con una frase manda in fumo i convulsi appelli al rispetto delle leggi dei nostri politici: «Drogarsi, quando non uccide, fa benissimo. Dopo una sbornia stai molto peggio che dopo una dose di Mdma. Certo non devi eccedere come ha fatto, purtroppo, il ragazzo di Città di Castello, mentre sulla provenienza della roba, chissà: devi fidarti», mi spiega, senza sapere che in Rete, a 25 dollari più spese di spedizione, si trovano kit per testare la qualità di ecstasy, anfetamina e altro, e i ragazzi hanno cominciato a usarli.

L'effetto di una dose, mi spiega Emanuele, «dura dalle tre alle cinque ore durante le quali ti senti libero, affettuoso, brillante. Suoni poderosi, luci ipnotiche: con un po' di droga la musica che ascolti, da monotona, diventa bellissima». Effetti collaterali negativi: «Tachicardia, e un lieve intontimento il giorno dopo», minimizza lui. Ma se esageri, attacchi epilettici, confusione, danni irreversibili al fegato e al cervello, e naturalmente, come sappiamo, morte.

Mentre chi promette «linea dura contro le droghe in discoteca» fa un po' la figura del padre di famiglia apprensivo incapace di cogliere il nocciolo della questione, Michele, 24 anni, centra il punto: «Dal modo in cui le disco sono progettate fino alla scelta dei deejay, tutto è costruito perché tu possa bere e drogarti. Il punto secondo me è: vuoi farlo? La scelta individuale è sempre possibile, ed è da quella che partirei. Per me il rischio di buttar giù una pasticca è sempre stato più alto degli eventuali benefici». Difficile da ammettere ma vero: se tutti fossero sobri, le discoteche sarebbero vuote, o quasi. «Ma non è colpa della disco se ai ragazzi piace drogarsi», mi dice Elisa, 19 anni, di Milano.

In effetti, come spiega la neurologa Frances E. Jensen, madre di due figli maschi, nell'illuminante Il cervello degli adolescenti (in uscita il 25 agosto per Mondadori), «alla radice dei comportamenti sconsiderati dei teenager c'è l'aspettativa di una ricompensa nonostante il rischio. I neuroni sono più attivi e hanno una plasticità esagerata in risposta agli stimoli che creano dipendenza, come l'assunzione di droghe». La dipendenza è "cablata" nel cervello adolescente, la coazione a ripetere molto più diffusa, la disintossicazione più difficile che negli adulti. In Italia quattro adolescenti su dieci han già bevuto di tutto, tre su dieci hanno provato, almeno una volta, qualche tipo di droga.

Le discoteche sono luoghi aggreganti, in cui i freni inibitori si allentano: «In bagno è facile vedere gente che fa sesso», mi racconta Elisa, «ogni tanto qualcuno arriva a buttarli fuori». Chiudere i locali non è la soluzione: se non ci fossero, i ragazzi si incontrerebbero altrove. In 50mila hanno raccolto firme contro la chiusura del Cocoricò, giurando che sarebbero andati a ballare anche nel piazzale lì davanti, poi non c'è stato bisogno: pochi giorni dopo il Peter Pan, discoteca gemella, ha cominciato a ospitare le serate del "Cocco" e tutto è ricominciato, identico, a 500 metri di distanza.

Un problema di cui si parla poco è il tentativo di certi gestori di lucrare su tutto. Camilla, 21 anni, mi aiuta a fare due conti: «Una bottiglietta d'acqua è venduta anche a 10 euro, dicono che è per evitare che la usi per sciogliere i cristalli di Mdma. Invece è per far soldi: a loro costerà 10 centesimi. A volte sui lavandini in bagno compaiono misteriosi cartelli con la scritta "guasto" per impedirti di bere da lì. E poi in disco fa sempre troppo caldo, il sospetto che lo facciano apposta ti viene. La metamfetamina disidrata: se non bevi acqua, l'organismo collassa. Inoltre si vendono molti più biglietti di quelli che dovrebbero: la calca è pazzesca, se ti senti male al bar ci metti mezz'ora ad arrivare all'uscita». Quel che si potrebbe fare davvero, e subito: far rispettare le norme di sicurezza, impedire il sovraffollamento dei locali, verificare che il condizionamento funzioni, obbligare i gestori a distribuire acqua gratis per tutti.

E poi magari, invoca Camilla, «organizzare navette o pullmini per il trasporto a casa. Le volte che sono uscita da un locale e ho pensato: io non sono in grado di guidare, non le conto». Ma questa è un'altra storia.


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