Perché, dopo un anno unico che ha compattato le donne di tutto il mondo come mai prima, incalzandoci a rivendicare tutti i diritti dovuti, ancora nulla di davvero rivoluzionario si accende? Perché siamo ormai milioni e milioni di puntini luminosi ma non generiamo quell'energia che li colleghi tutti una volta per sempre, come una gigantesca rete planetaria?

Occorrerebbe, appunto, cominciare a fare rete tra noi, dal basso, nel piccolo, nelle comuni azioni quotidiane. Ma occorrerebbe ancor di più che tutte le donne che sono arrivate in cima, le donne che hanno un qualche potere, quelle che hanno forza e strumenti per decidere, iniziassero a dare una mano alle altre, per esempio a portarne qualcuna lassù in cima con loro, a incoraggiare quelle che osano poco, a sponsorizzare quelle che già osano molto, a proteggere quelle che non ci riescono… Potrebbero imparare qualcosa dalle americane, dalla mitica Shonda Rhimes, ad esempio, che in 14 anni spesi a sceneggiare Grey's anatomy o Scandal ha dato vita a molte più creature femministe di quante ne abbia inventate in cent'anni Hollywood, e ora sta cavalcando la fama per fare da impetuosa ambassador dell'empowerment tra milioni di giovani americane.

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Shonda Rhimes.

Potrebbero ispirarsi anche alle creative Sarah Sophie Flicker (sotto, un suo post su Instagram) e Cassady Fendlay, che proprio un anno fa a Washington hanno lanciato la Women's march al grido di «Together we rise!», mobilitando fiumi di donne in centinaia di città del globo.

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Un post condiviso da Sarah Sophie Flicker (@sarahsophief) in data: Dic 20, 2017 at 6:05 PST

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Oppure si potrebbe imitare Halima Aden, la top model nata in un campo profughi del Kenya e naturalizzata americana che sfila con il velo e che, ormai diva del fashion system, usa la notorietà per incoraggiare le ragazze musulmane a farsi, anche loro, avanti.

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Halima Aden.

Del resto il momento è propizio, l'occasione va colta. Ora o mai più. E infatti proprio nel 2017 il Women's Forum for the economy and society - summit di donne potentissime - ha ufficialmente affermato che per raggiungere la vera parità di genere «bisogna finalmente passare da una logica di riflessione alla volontà d'azione». Basta proclami insomma, hanno detto, bisogna agire. Basta rivendicare l'empowerment, bisogna praticarlo in prima persona. E basta aspettare che qualcosa accada: chi può, chi ha potere per farlo, aiuti le altre. Perché solo se le donne fanno rete fra loro niente sarà più impossibile.

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Patty Jenkins (a sinistra) e Gal Gadot, rispettivamente regista e protagonista di Wonder woman (2017), il cui successo è stato attribuito in gran parte alla loro intesa.

In Italia ci crede da dieci anni l'associazione Donne e futuro (donnefuturo.com) che affianca a pupils di ogni campo madrine rappresentate da donne già affermate, all'insegna del give back, ovvero: chi ce l'ha fatta dà una mano alle altre. Così come farà da questo mese Pwn Milan (pwnmilan.net), network di professioniste che con il progetto Own your career selezionerà 50 universitarie di talento a cui trasmettere una nuova cultura dell'ambizione, capace di trasformarle nella futura classe dirigente. «Alle universitarie faremo incontrare donne che hanno raggiunto posizioni apicali dentro le grandi corporation, vere role model a cui possano ispirarsi», dice Gini Dupasquier, vice presidente di Pwn Milan, che in un'articolata ricerca ha analizzato gli effetti del mentoring da donna a donna e quelli della sponsorship, lo step più efficace con cui le donne già arrivate in cima possono "sponsorizzare" le altre, aprendo loro le porte di aziende e carriere.

Non basta più aspettare che accada qualcosa: le battaglie si vincono quando la prima fila tende la mano a chi resta indietro

«Non c'è donna che non abbia un potere, piccolo o grande che sia, per favorire il cambiamento nella vita di un'altra donna», afferma Sofia Borri, direttrice generale di Piano C (pianoc.it), un coworking milanese che opera con passione per sostenere le donne e ha lanciato un particolare crowdfunding che è una vera e propria chiamata per tutte. «Vogliamo invitare le donne che lavorano a fare donazioni (da 20 euro in su) per permettere a donne disoccupate o che vogliono rivoluzionare il proprio lavoro di partecipare a un corso di work design, per ridisegnare, appunto, la vita professionale». A dimostrazione che ciascuna può fare qualcosa per un'altra, anche con uno sforzo davvero piccolo, se lo vuole.