“Uno tsunami in casa all’improvviso. Travolge affetti e dignità, travolge famiglie intere dal punto di vista affettivo, psicologico ed economico”. È la risposta accorata che ricevo dalla Dott.ssa Caterina Musella quando le chiedo: cos’è l’Alzheimer? Lei, che da Dirigente ASL quale era oggi è Presidente di AIMA Onlus (Associazione Nazionale Italiana Malati di Alzheimer) nella regione Campania, nel 1991 fu investita - nello stesso lasso di tempo - dalla più grande gioia e il più grande dolore: suo figlio nasceva e suo padre si ammalava di Alzheimer. E mentre mi racconta la sua storia di gioia e sofferenza, io mi chiedo cosa sarebbe stato diverso se fosse successo oggi. Oggi che a Monza, circa trent’anni dopo, oltre 10 milioni di euro di investimento hanno permesso la costruzione de Il Paese Ritrovato: il primo villaggio Alzheimer di Italia.
Il Paese Ritrovato è operativo dal 25 giugno e sono già 64 i residenti del villaggio Alzheimer. Non solo residence ma anche una piazza, un teatro, una chiesa, l’orto e i negozi: “La vita nel villaggio scorre valorizzando le fasi della vita quotidiana”, afferma Marco Fumagalli. Lui - coordinatore del progetto e formatore di Meridiana, la cooperativa che ha progettato e gestisce oggi Il Paese Ritrovato – ci tiene a sottolineare che nel villaggio nessuno indossa il camice, anzi, gli esperti agiscono “in borghese” e non vengono distinti per professione: “Quello che interessa a noi – spiega Marco – e che loro sentano di potersi fidare. In più, ogni residente è libero di scegliere quello che preferisce fare”. L’elenco delle attività settimanali viene distribuito il lunedì e ognuno dei residenti affetto da Alzheimer o demenza è monitorato attraverso un braccialetto speciale da tenere sempre al polso: “Possiamo sapere 24 ore su 24 cosa stanno facendo e dove si trovano i nostri ospiti”, continua Marco Fumagalli, “Non solo, attraverso questo sistema siamo in grado di monitorare in modo non invasivo i movimenti, gli stazionamenti e le preferenze nonché le attività scelte da ciascun residente.”
In questa svolta epocale per i malati di Alzheimer in Italia si affacciano ovviamente anche le speranze di tante famiglie. Quando e in che zone di Italia potrà essere replicato il modello del villaggio Alzheimer? “Dare una risposta è difficile – dice Fumagalli – ma Il Paese Ritrovato è sicuramente un modello di interesse, un motore culturale che vuole innescare la riflessione”. I primi risultati sono già in fase di monitoraggio e a sei mesi dall’ingresso dei residenti ci sarà il primo bilancio, ma solo dopo aver allargato ulteriormente la grande famiglia: “L’obiettivo – continua Fumagalli – è saturare il villaggio entro ottobre con un altro residence per accogliere altri malati di Alzheimer”.
Nel frattempo, chi ha vissuto o vive l’Alzheimer in casa ogni giorno sa che non c’è tempo per aspettare che fondi vengano stanziati in altre zone di Italia. In attesa che queste parole valgano come appello alle istituzioni, c’è già chi è attivo nel sociale. A cominciare dai centro di ascolto, per familiari compresi, che AIMA Onlus mette quotidianamente a disposizione. In Campania, spiega Caterina Musella, “il centro di ascolto esiste dal 2000 e opera dalle 9 alle 19 tutti i giorni con personale che orienta al territorio. È necessario informarsi: non si può girare come una giostra impazzita tra burocrazia e istituzioni”. “Nel passato – prosegue l’esperta - i malati di Alzheimer venivano ghettizzati. La sofferenza stessa veniva ghettizzata perché la società non la accetta. E pensare che invece potrebbe diventare attiva se capita e vissuta! Quando mio padre si ammalò, ci furono medici che osarono dire che lui non fosse nemmeno in grado di percepire ma noi ci accorgemmo che non era vero: i malati di Alzheimer sono persone fino alla fine dei loro giorni. Una carezza generava un sorriso in mio padre. Ma se trattato male diventava irascibile: come si fa a dire che non percepisse?”. È una domanda retorica, questa della Dott.ssa Musella, ma sento dall’enfasi e la commozione con cui ne parla che cerca approvazione. Impossibile negargliela: cos’è la percezione se non l’acquisizione di coscienza di una realtà esterna? Cos’è la percezione se non l’elaborazione di stimoli sensoriali?
Ecco allora che la domanda della Dott.ssa Musella trova subito risposta da Mariella Zanetti, Geriatra della Meridiana, che a proposito di stimoli sensoriali e realtà esterna conferma quanto fondamentale sia continuare ad avere una vita sociale anche in presenza del Morbo di Alzheimer: “La socializzazione favorita dalla vita quotidiana del borgo sta aiutando considerevolmente i nostri residenti. Il fatto di potersi muovere liberamente, di fare ciò che si desidera, di sviluppare le proprie capacità residue, abbassa lo stress della persona con demenza. In questi primi mesi di attività non si registrano episodi di disagio o di aggressività, segno che la possibilità di riprendere una vita normale adeguata alle loro possibilità è uno degli elementi fondamentali nel sostegno alla persona con Alzheimer.”
Cosa aspettarci dal futuro della ricerca? Una domanda da un milione di dollari. Ma una cosa è certa per la Dott.ssa Musella, che è anche promotrice di “AIMAmiamoci”, che opera sul modello de Il Paese Ritrovato: “Non fidatevi di chi consiglia abuso di psicofarmaci. Tutto ciò che dobbiamo impegnarci a fare è ridurre lo stress e ridare dignità ai malati di Alzheimer. Lo si fa curando le relazioni, proponendogli laboratori dedicati di attività psicosociali che permettano loro di cantare, ballare, chiacchierare, avere un appuntamento mattutino con un film o con una persona”. Non basta la pillola. Serve di più: l’amore. L’amore oltre la cura.