«Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene», diceva Eugene Ionesco a metà del secolo scorso. Cinquant’anni dopo, se Dio non è morto, è probabile che non se la passi benissimo. Almeno a giudicare dall’interesse che gli under 30, cioè la generazione più laica d’Italia, riservano alla religione. Giudicato “importante” solo dal 7 per cento dei ragazzi, il rapporto con il trascendente oggi è letteralmente precipitato negli interessi dei teenager (18 punti in meno dal 2003, indagine Demos Coop 2017), attenti soprattutto a un fattore, irrinunciabile per il 41 per cento degli intervistati: il successo.

«I nati dopo il 1981 esprimono un rapporto diverso con la fede. E per la prima volta i livelli di disaffezione sono identici tra ragazzi e ragazze», spiega don Armando Matteo, autore di Tutti giovani, nessun giovane (Piemme) e professore di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma. Più increduli che ribelli, «i ragazzi di questa generazione non si pongono contro Dio, ma stanno imparando a vivere senza. La religione non gioca più un ruolo rilevante nella costruzione della loro identità adulta». E così crescono i ragazzi che si definiscono atei: dal 23 per cento del 2007 al 28 per cento del 2015 (rilevazione Ipsos), mentre il numero dei “credenti convinti e attivi” viaggia su un risicato 10,5.

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Il 36 per cento dei ragazzi battezzati tra i 18 e i 29 anni, si dichiara credente, ma più per ragioni ambientali o familiari che per reali motivi spirituali.

La ricerca fornisce anche un identikit dei ragazzi indifferenti alla religione: perlopiù settentrionali (37 per cento), con istruzione elevata (37 per cento) e famiglie ben inserite nel tessuto sociale. «Le famiglie sono le prime responsabili del distacco. Quando guardano i loro genitori, i ragazzi vedono persone che si destreggiano in un mondo ad alto livello di competizione. Modelli di successo, magari. Ma non di spiritualità». Più della metà delle famiglie i cui genitori sono atei, conferma l’Ipsos, ha figli non credenti. Ma se un ragazzo crede, oggi, a cosa crede?

«La verginità può essere un valore, ma non religioso. Lo considero più che rispettabile, ma soltanto nel caso in cui scaturisca da una scelta volontaria». (Giuliano, 18 anni)

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Giovani in preghiera nella comunità ecumenica di Taizé, in Francia.

Crede ancora, nella maggior parte dei casi in Italia, a un cattolicesimo “di educazione e tradizione”. Come spiega la ricerca Piccoli atei crescono, condotta dal sociologo Franco Garelli su ragazzi battezzati tra i 18 e i 29 anni, il 36 per cento di loro si dichiara credente, ma più per ragioni ambientali o familiari che per reali motivi spirituali. Andare in chiesa, per i giovani cattolici, non è più un’abitudine: se nel 2013 il 20 per cento ci andava una volta alla settimana, nel 2016 la percentuale era calata al 14. La pratica della fede tra i giovanissimi, non a caso oggetto del Sinodo dei giovani di ottobre, esce dalle navate della chiesa per spostarsi nelle case, in strada, sul web. Sempre meno propensi a partecipare a veglie, messe ed eventi istituzionali, i ragazzi aderirebbero più volentieri a pellegrinaggi (passati dal 9,7 all’11,6 per cento), processioni (dal 26 al 29,3 per cento), cammini (il 40 per cento delle persone sul cammino di Santiago ha meno di 35 anni), campeggi in comunità (fino a 5.000 persone affluiscono, in estate, alla comunità ecumenica di Taizé, in Francia), affidando il confronto alle arene digitali più che alle sale dell’oratorio. «La rete gioca anche un ruolo positivo», spiega Matteo, «è un’occasione per sentirsi parte di una comunità e per condividere interrogativi esistenziali che rimbalzano nei forum e sui blog».

Santiago's Way. Jacobean Routes. French Way. Two pilgrims with their rucksacks and walking sticks at the Town Hall square in Carrion de los Condes, Palencia.The village is known by the Pantocrator of the church of Santiago, one of the symbols of Romanic spinterest
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Pellegrini nel cammino di Santiago de Compostela.

Una piccola rivoluzione che non riguarda solo la religione cattolica, ma anche altre grandi tradizioni come quella buddista. Prossimamente in tour in Europa, Gomo Tulku è il principale esponente del Millennial Buddist approach, un metodo di avvicinamento al buddismo pensato per i giovanissimi. Ex rapper consacrato lama in Italia, classe 1988, Gomo Tulku ha iniziato con la musica, «nel tentativo di comunicare ciò che di utile ho imparato nella mia esperienza in monastero a chi non aveva tempo di occuparsi del proprio benessere spirituale».

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Gomo Tulko.

Abbandonato il rap per un cammino di promozione del buddismo attraverso i nuovi media, Tulku ha aperto un canale YouTube, Buddhism on the go, dove trasmette pillole di buddismo della durata non superiore ai due minuti. «Un tempo le persone si affidavano alle preghiere, nella speranza che un’entità superiore realizzasse i loro desideri. Oggi, grazie alla tecnologia, possiamo prevedere e calcolare molti aspetti della nostra vita», spiega, «e la conseguenza è che chi cerca il trascendente non si accontenta più di credere ciecamente in qualcosa. Vuole seguire un cammino spirituale, ma senza abbandonare il rigore della logica e la concretezza dei fatti. Il buddismo, che è la scienza della mente, si inserisce perfettamente in questo quadro. I millennials ne sono attratti perché stimolati dall’idea di studiare come funziona la mente, e attraverso la mente controllare emozioni e sentimenti».

«Mi affido alla scienza: agli studi, alle ricerche. Non sono religiosa. Non credo a nulla di diverso dall’essere umano» (Chiara, 25 anni)

Chi oggi non si definisce ateo, non si riconosce in una religione ma si sente a suo agio in una categoria che comprende quasi tutte le sfumature del trascendente: la spiritualità. «I ragazzi intendono la spiritualità come una scelta etica, più che religiosa», spiega Armando Buonaiuto, curatore del Festival Torino Spiritualità (in programma dal 26 al 30 settembre 2018). Si affidano perciò a figure che incarnano una prassi, persone che siano capaci di mostrare, con la concretezza del vivere, la possibilità di una pratica spirituale». Protagonisti del mondo del volontariato o dell’ecologia, simboli come James Myers, americano folgorato sulla via dell’India e fondatore di Animal aid unlimited (il suo motto: “Sono un nessuno che cerca di aiutare altri nessuno”), o l’esploratore Erling Kagge, primo a raggiungere il Polo Sud in solitaria, amato perché «in una società che ti spinge a correre per arrivare primo, scegliere il ritmo del proprio cammino è vissuto dai ragazzi come un gesto rivoluzionario».

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L’esploratore norvegese Erling Kagge.

C’è infine una categoria di “spirituali” che sceglie di non intraprendere alcun cammino, respingendo l’idea che il successo, giudicato cosi importante dai coetanei, sia in grado di definirli. Sono gli ikikomori, eremiti laici, ragazzi che rifiutano il confronto con il mondo esterno chiudendosi nella propria stanza. Un fenomeno di autoesclusione nato in Giappone a fine anni 70 e oggi diffuso anche in Italia, dove 30.000 ragazzi tra i 18 e i 25 anni vivrebbero in uno stato di totale o parziale isolamento. «Il ritiro avviene di norma da parte di personalità predisposte all’ansia o all’insicurezza», spiega la giornalista ed esperta nipponica Fabiola Palmieri. «È un modo per dire di no ai rapporti sociali così come sono adesso, cioè basati sulla competitività, sul gridare più forte, sull’essere sempre felici ed estroversi». Un ritiro, da alcuni visto come effetto di uno stato depressivo, che in realtà può anche essere una forma di ricerca spirituale individuale, per venire a patti con quella fatica di vivere da cui né Dio, né la famiglia sembrano poterli sollevare.

Il Festival Torino Spiritualità

Thousands March To Support Kidnapped 'Emergency' Workers In Afghanistanpinterest
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Preferisco di no è il tema della quattordicesima edizione di Torino Spiritualità (torinospiritualita.org), festival culturale che si svolgerà nel capoluogo piemontese dal 26 al 30 settembre 2018. Si parla dunque di dissenso, non quello che nasce dall’individualismo e dalla paura, ma quello che impone di opporsi a certi gesti e idee per preservare la propria umanità. Tra i molti ospiti, il fondatore di Emergency Gino Strada, lo psicoanalista Massimo Recalcati, il priore della comunità di Bose Enzo Bianchi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.