Partiamo dal presupposto che tutti vorremmo flaggare la casella felicità in un ipotetico google sheets sulle emozioni provate almeno una volta nella vita. Il vero problema è che gran parte di ciò che la determina è al di fuori dal nostro controllo. Poi, giusto per complicare il cubo di Rubik, ecco che entra in gioco anche il carattere, il temperamento e ovviamente il nostrop vissuto. Alcuni di noi sono geneticamente predisposti a vedere il bicchiere mezzo pieno, mentre altri non sono davvero soddisfatti finché non lo vedono traboccare. Le cose brutte accadono, a tutti. Le persone possono essere scortesi e brutali e il lavoro può essere noioso e non appagante. Questo va messo in conto sempre e comunque, ma cambiare point of view può essere il primo passo (sulla Luna?). Se la felicità viene e va a suo piacimento e afferrarla è un terno al lotto, c'è una variabile, invece, su cui abbiamo un certo controllo e su cui dovremmo seriamente lavorare per provare almeno ad avvistarla in lontananza: come decidiamo di trascorrere il nostro tempo libero. Una ricerca basata su un campione di 1 milione di adolescenti americani condotta dal dott. Jean Twenge, professore di psicologia della San Diego State University e pubblicata su qz.com potrebbe chiarirci le idee.

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Dallo studio è emerso che i teenagers che passavano più tempo con gli amici di persona, a praticare uno sport, a leggere o persino a fare i compiti sono più felici dei loro coetanei che passano la maggior parte del tempo libero con smartphone e tablet in mano, navigando su Internet e social media, giocando ai videogiochi, mandando messaggi, usando whatsapp o guardando la tv. Contando che l'attuale generazione di adolescenti, che Twenge chiama "iGen", passa più tempo a interagire con uno schermo di qualsiasi generazione precedente, il dato assume una certa importanza. In altre parole, stando alla ricerca, ogni attività che non comprende uno schermo di mezzo sembra essere legata a doppio filo a una sensazione di felicità e appagamento e viceversa. Le differenze sono considerevoli: gli adolescenti che trascorrono più di cinque ore al giorno online hanno il doppio delle probabilità di essere infelici di quelli che ci passano meno di un'ora al giorno.

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Statistiche alla mano, la felicità dei ragazzi americani è improvvisamente crollata dopo il 2012 (l'anno in cui la maggioranza di loro ha comprato uno smartphone), così come l'autostima e la loro soddisfazione nei confronti delle loro vite, in particolare nel loro rapporto con gli amici, la quantità e qualità del divertimento provato. Questa tendenza non riguarda solo i teen-agers (ma anche i genitori): non ci stupisce scoprire che anche i trentenni con smartphone in mano sono meno felici di 15 anni fa e che anche i rapporti sociali e l'intimità ne abbiano risentito parecchio. Questo non vuol dire che la tecnologia sia il male assoluto, chiaro. All'inizio degli anni 2000 quando l'uso dei media digitali era meno invasivo (di media si usava Internet meno di un'ora al giorno), erano gli adolescenti che usavano internet con moderazione erano i più felici. Ecco quindi la risposta che cercavamo: rinunciare completamente alla tecnologia è insensato e anacronistico, ma ogni tanto spegnere il cellulare e godersi un buon film al cinema, una chiacchierata reale o una vera telefonata (i messaggi vocali non valgono) senza aggiornare il feed di Instagram è una decisione sensata. Non so se sarà davvero l'Eden, ma provare in fondo non costa nulla.