Trasferirsi a Londra è il sogno di tanti, e ad attrarre della capitale britannica non è certo (solo) il fascino della royal family. C’è più lavoro e ce ne è per tutti (finché Brexit permetterà), c’è meritocrazia e vige la regola delle referenze, che è esattamente l’opposto della raccomandazione. Due anni fa, Il Sole Ventiquattrore ha contato a Londra 250mila italiani. Tra quelli c’ero anche io, che all’alba del trasferimento in terra anglosassone, avevo in mano due lauree in lingue straniere e un biglietto di sola andata. Piena di sogni e ideali, credevo sarebbe stato tutto rose e fiori. In realtà è stato l'opposto ma, affrontata con determinazione, l’Inghilterra rende i suoi frutti: perché Londra, se la si prende nel modo giusto, è il trampolino di lancio più grande cui si possa auspicare.

Inutile passare in rassegna le proprie competenze prima di trasferirsi a Londra: quando si arriva nella capitale britannica non si è nessuno a prescindere, ed è da lì che inizia la scalata verso il successo. Piuttosto, un trasferimento in Inghilterra sottintende tre cose: lingua, risparmi e affitto. Ho visto italiani arrivare a Londra conoscendo a stento come costruire una frase, ma la capitale britannica è la città in cui vige (consentitemelo) il motto di Walt Disney: “Se puoi sognarlo, puoi farlo”. Insomma, se Meghan Markle ha sposato il principe Harry, perché un italiano con scarse competenze linguistiche e tanta voglia di fare non dovrebbe riuscire a imparare l’inglese? E poi c’è il lato positivo dell’essere la nazione “pizza, sole e mandolino”, of course: di un pizzaiolo, ad esempio, interessa che sappia fare la pizza (e farla bene) più che parlare fluentemente l’inglese. Non è il caso però di tutti coloro che ambiscono a lavorare negli uffici o nei negozi nell’assistenza alla clientela: guai a far innervosire un’anziana British lady alla ricerca degli scones per il suo afternoon tea.

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Parlando di italiani all’estero non si può non toccare la questione risparmi, che nella stragrande maggioranza dei casi finiscono nel momento esatto in cui si poggia la penna su un contratto di affitto. Trovare casa a Londra non è tanto diverso da quel che accade a New York. Se una stanza ti piace, prendila. O qualcuno lo farà al posto tuo cinque minuti dopo. Il prezzo degli affitti si calcola a settimana, ma si paga di mese in mese. Tranne la prima volta quando, oltre alla quota mensile, il proprietario di casa chiederà (almeno) un altro mese di anticipo, con cui si tutelerà “se lascerai la casa senza dare il preavviso”. E poi c’è la cauzione, “da restituire a fine contratto se la casa viene lasciata come la si trova”. Ma cosa succede se si decide di trasferirsi a Londra per studiare? È la domanda che mi posi anche io, giacché ero stata ammessa a un corso di specializzazione in giornalismo. Le agenzie immobiliari (alias sanguisughe) potrebbero chiedere un garante o, ad ogni modo, la prova di un contratto di lavoro.

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Venne anche per me il momento di trovare lavoro a Londra. Con un curriculum vitae (sintetico e non in formato europeo) e tanta buona pazienza (perché cercare lavoro è già di per sé un lavoro full-time), le difficoltà vengono presto ripagate dall’immensa meritocrazia con cui si fa carriera pur cominciando dal basso e l’innumerevole abbondanza di opportunità (soprattutto di stage) per i giovani. Varrà mai la pena fare tutti questi sacrifici? Sì, eccome. Ricordo il saluto agli italiani all’estero che Carlo Verdone postò sul suo profilo Facebook a Natale 2016. Fece i suoi auguri ai “ragazzi che partono e lasciano amarezza nei genitori, negli amici, e anche in loro stessi”. Ma quel Natale, chi se lo scorda, Verdone disse che eravamo noi “i veri eroi dell’Italia” e ci augurò di tornare presto.

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La verità, da italiana rimpatriata quale sono oggi, è che ci vuole coraggio sia per lasciare l’Italia che per restarci. Ma un’esperienza di studio e lavoro a Londra va anche oltre l’eroismo: noi italiani all’estero non abbiamo i super poteri degli eroi con cui siamo cresciuti! Alla fine della giornata siamo solo noi, risucchiati tra fiumi di gente di una grande metropoli mentre cerchiamo il profumo del caffè di casa sulla soglia di Starbucks. Ma anche nella confusione dell’ora di punta, Londra riesce a leggere la nostra voglia di riscatto premiando i sacrifici col raggiungimento degli obiettivi. E qualche volta, come nelle storie a lieto fine, ci restituisce anche alla nostra patria con tanta esperienza da vendere.