Ci sono titoli che vanno dritti al punto, anzi, come in questo caso, allo stomaco e Fat Is A Feminist Issue è senza dubbio uno di questi. Perché il cuore - e di cuore ce n'è davvero tanto in questi come in tutti gli altri lavori della scrittrice e psicologa inglese Susie Orbach - di questo libro è proprio il fatto che il corpo sia il grande tormento, l'eterno nemico, il cruccio e l'angoscia, di noi donne.
Perché a volte siamo brave ma grasse, altre, invece, troppo magre per poter essere anche sane, altre ancora tutte giuste, e per questa ragione automaticamente odiose alle nostre compari di sventura, che se hanno un difetto che va di pari passo all'ossessione per la propria estetica, beh quello è il crearsi nemiche dove potrebbero esserci potenziali "sorelle", di disagio, certo, ma è proprio lì che si trovano i bracci destri migliori. Ecco che, dunque, quanto scritto dalla penna del Guardian ben 40 anni fa, è tanto più, con sommo stupore della sua stessa autrice, moderno oggi, che agli specchi appesi in casa si sono aggiunti, moltiplicandoli all'enzima potenza, quelli dei social.
Com'è ovvio, data l'imprescindibilità della nostra presenza sui vari Instagram e Facebook (e se per voi imprescindibili non sono, beh siete già un passo avanti e probabilmente sorriderete di questo articolo) il problema del corpo e della percezione che abbiamo di esso è solo cresciuto, è ingrassato, fosse anche solo a causa della dismorfobia con cui lo guardiamo. Ha detto di recente Orbach: "Il fatto che la gente viva una forma d’ansia per il proprio corpo non è una scoperta, ma ritengo che la novità, oggi, sia nella costruzione teorica di esso. Diciamo che noi possiamo avere un corpo fisico, ma nella nostra epoca per molte persone il corpo non è più qualcosa di stabile, non è più un dato sicuro. L’impulso a modificare il fisico, a sembrare più giovani e a perfezionarsi di continuo non corrisponde a una ricerca di felicità, corrisponde letteralmente alla ricerca di un corpo. Molta gente è alla ricerca di un proprio corpo". Così, continua l'esperta di disturbi del comportamento alimentari, accade che loo stato brasiliano offre interventi estetici al seno a pazienti con carenza di autostima, ritenendoli meno costosi di un percorso psicoterapeutico. La metà delle donne coreane si fa modificare il taglio delle palpebre per sembrare più occidentali. "C’è un processo - dice ancora Orbach . che ci porta a riconoscerci in un unico modello estetico, e il problema non è più solo il desiderio di essere belli. Il problema è questa rappresentazione visiva di un solo modello imperante. Quando osservo i ragazzi di oggi, per esempio i miei figli, vedo che ognuno ha una propria personale bellezza ma non può rendersene conto, non può riconoscerla perché non la trova rappresentata da nessuna parte".
E ci sono dati, quelli inconfutabili fatti di numeri e statistiche, a confermarci quanto si sia ben lontane dal deporre le armi nella guerra al corpo. Perché se accade, per esempio, che persino di fronte alla più nera delle crisi economiche, in un paese come gli Stati Uniti la chirurgia estetica sia aumentata invece che anche solo messa un attimo in modalità pausa, ciò significa che è sempre come si appare, o meglio come si vuole apparire la proprietà assoluta. "Molte donne - dice a questo prossimo Orbach -pensano che proprio a causa della crisi devono restare competitive sul piano estetico. Lo considerano indispensabile per lavoro e carriera. Siamo immerse in una battaglia contro la nostra naturale condizione fisica. Una battaglia che ci viene imposta dalla paura, dalle spinte sociali e dall’incapacità di riconoscerci nella nostra stessa vita. Di recente ero a New York e una donna che mi stava intervistando mi ha detto una cosa scioccante. Non avrei saputo dire che età avesse, impossibile capirlo. Mi ha detto che le donne fanno meglio a non parlare dei loro figli, e sai perché? Perché parlare dei tuoi figli rivela la tua storia. Rivela la tua età".