Andiamo subito al punto, che se avete anche solo dato uno guardo ai social sapete di che cosa si sta parlando: mi è piaciuto il manifesto ideato dal movimento (mondiale) cattolico e ultra conservatore dei Citizinego, spuntato a Roma e che recita "L'aborto è la prima cosa di femminicidio nel mondo"? Nemmeno un po'. Anzi, come gran parte di chi, maschi e femmine, lo ha condiviso, l'ho subito odiato. Perché sono favorevole senza riserve alla legge 194 che in Italia tutela il diritto a scegliere se interrompere una gravidanza e permette alle donne (non sempre, purtroppo, visto che in molte cliniche ospedaliere, come diverse inchieste giornalistiche hanno dimostrato, nel nostro Paese ci sono così tanti medici obiettori che quel diritto diventa un miraggio) e di farlo senza rischi per la propria salute. Anch'io, dunque, di primo impatto mi sono indignata, così come tante altre donne, famose e non.

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Poi, però, mi sono quasi costretta a fermarmi un attimo in più sulla questione, cercando di non liquidarla, come ho letto in tanti commenti, come "roba da trogloditi", e mi sono fatta una domanda, quella che vorrei che le persone si facessero sempre quando io racconto un mio punto di vista (personale, fallibile, soggettivo), e la domanda, o meglio le domande, sono state: che cosa mi sta raccontando questo manifesto, al di là dello slogan da spot pubblicitario? Ci sono delle informazioni che, approfondendo, mi possono interessare? Perché, soprattutto, dicono che l'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo? Ed è stato proprio quel "nel mondo" che mi ha fatto mollare per un attimo la 194, di cui il manifesto non parla esplicitamente, per fare un po' di ricerca altrove. Un altrove che vede il dramma dell'aborto selettivo, ovvero quello applicato coscientemente e volutamente solo sui feti femmina, assumere proporzioni sconvolgenti.

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manifestanti pro aborto a varsavia

Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, in un reportage dello scorso anno sul Montenegro, raccontava di come "i genitori sempre più spesso decidono di scegliere il sesso dei figli liberandosi subito, con un aborto selettivo, delle femmine". Come spiega anche Stefano Giantin, che per primo ha raccontato sul Piccolo di Trieste della straordinaria campagna lanciata dalla Ong montenegrina «Centro per i diritti delle donne» e intitolata «Nezeljena», ovvero "non voluta", in Montenegro nel 2009, sono nati 113 maschi ogni 100 femmine». Folle. E nel resto dei Balcani e Paesi limitrofi non va meglio: i dati del think tank Population Research Institute (Pri), basati su numeri del Census Bureau americano, parlano di oltre 15 mila aborti selettivi in Albania dal 2000 al 2014, 2.700 in Bosnia, 7.500 in Kosovo, 3.100 in Macedonia, 746 in Montenegro, 2.140 in Serbia. Se si volge lo sguardo a Oriente, poi, la faccenda diventa atroce. Lo scorso gennaio La Repubblica ha raccontato di come in India il desiderio (mischiato al bisogno, quello materiale, di denaro) di avere figli maschi ha prodotto 21 milioni di bambine "non volute", perché viste dalla famiglia come un fardello finanziario. Il Paese ha bandito la pratica degli aborti selettivi femminili tramite test per la determinazione del sesso, tuttavia i numeri del censimento rilevano che il feticidio femminile è ancora molto diffuso.

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Secondo i dati dell’ultimo sondaggio demografico del 2011, in India vivono 940 femmine ogni 1000 maschi. In alcuni Stati, come quello del Punjab e di Haryana, la proporzione tocca livelli altissimi: 1000 femmine contro 1200 maschi della stessa età. Cioè che è interessante notare, sottolineano gli analisti, è che l’aborto delle bambine è radicato anche negli Stati più ricchi e non solo nelle zone rurali, dove per i genitori è più difficile garantire loro l’istruzione. Il rapporto del ministero evidenzia che in tutto sono 63 milioni le bambine “scomparse”, cioè mai nate, in India e che almeno due milioni di piccole ogni anno vanno “disperse” a causa di aborti, malattie, non curanza e malnutrizione. Tutto ciò può essere considerato femminicidio, o è femminicidio solo quello causato dalle botte o dalle armi? La domanda è ostica ma, credo, ha senso, e ne ha molto di più di quel manifesto che continua a non piacermi ma che, perlomeno, mi ha spinta a guardare altrove rispetto al mio "back yard". Perché il mio giardinetto, per quanto malconcio, non riassume i problemi del mondo e questo, a volte, ce lo dimentichiamo un po' tutti.