In prima linea e in relazione con ogni soggetto, Susan Meiselas ha fotografato adolescenti e rivoluzionari, la lotta per i diritti civili, chi resiste alla violenza domestica e il mondo di tante donne di tutte le età. A partire dal reportage sulle Carnival Strippers che gli ha spalancato l'ingresso in Magnum Photos nel 1976. Da allora, il suo approccio rivoluzionario all'esplorazione e documentazione della realtà invita a riflettere, nutrendo anche la retrospettiva "Médiations", alla Jeu de Paume di Parigi (fino al 20 maggio 2018). Perché come afferma la fotografa "In tutto il mio lavoro, creo una relazione con la gente".

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© Susan Meiselas/Magnum Photos​
Susan Meiselas, Roseann sur la route pour Manhatten Beach, New York, 1978. Série Prince Street Girls, 1975-1990

Mettendo costantemente in discussione le dinamiche della documentazione fotografica con il proprio ruolo di testimone, la fotografa americana (classe 1948) ha rivoluzionato l'approccio al reportage. Il suo linguaggio foto giornalistico, ricorrendo a scatti in presa diretta e immagini d'archivio, cambia la prospettiva documentale già nei primi progetti. Nei primi anni settanta fotografa le giovani Prince Street Girls della Little Italy newyorkese. I reportage "44 Irving street", condotto su spazi e abitanti del suo condominio di studentessa , accompagna allo scatto il commento del soggetto, sul rapporto che ha con la casa in cui vive e la fotografia che lo riguarda.

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Per tre estati consecutive (tra il 1972 e il 1975), in vacanza delle scuole pubbliche di New York in cui insegna fotografia, la fotografa segue le spogliarelliste delle fiere di paese, in New England, Vermont e South Carolina. Le istantanee in bianco e nero delle esibizioni, affiancate ad alcuni scatti più intimi e le registrazioni audio delle protagoniste, confluiscono nelle pagine di "Carnival Stripper". Il complesso e originale racconto multimediale che realizza, nel 1976 le consentirà di entrare anche nella più ambita e celebre agenzia di fotogiornalismo del mondo. Il fatto di essere una donna diventa un valore ampiamente riconosciuto dalla fotografa quando afferma: "Non credo che un uomo avrebbe ottenuto l'accesso al sancta sanctorum del camerino nello stesso modo."

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© Susan Meiselas/Magnum Photos​
Susan Meiselas, Lena juchée sur sa caisse, Essex Junction, Vermont, 1973. Série Carnival Strippers, 1972-1975


Nessuno le ha assegnato un reportage, quando sul finire degli anni Settanta la fotografa giunge in Nicaragua per documentare le prime battute di un'insurrezione sottovaluta da molti. La sua precoce e puntuale documentazione della Rivoluzione Sandinista è però destinata a renderla una della fotogiornaliste più celebrate al mondo.
Spinta dal tentativo di costruire narrazioni che coinvolgono i soggetti, la Meiselas documenta ogni genere di conflitto senza mai isolarlo dal contesto nel quale avviene (ricostruendolo se necessario). Ricorrendo prima di altri al colore, video e materiali d'archivio nella fotografia di reportage.


La fotografa non ha mai smesso d'interrogarsi e interrogarci sullo scambio che la fotografia innesca tra chi viene fotografato e la società che lo osserva attraverso l'immagine. Dalla dittatura militare in El Salvador all'industria del sesso. Il reportage sui massacri subiti dall’etnia curda in Kurdistan, nel tentativo di preservarne la memoria collettiva ha dato anche vita a un archivio online, confermando il notevole impegno civile della fotografa. Il degrado e il senso di estraniamento guida la sua indagine sulla "Violenza domestica" (1992), condotta nelle case di donne che hanno denunciato i maltrattamenti subiti dai compagni.

Ispirandosi "A Room to Self" di Virginia Woolf e il suo impegno per l'associazione Multistory, nel 2015 la Meiselas torna a concentrarsi sul tema della violenza domestica con "A Room of Their Own". Fotografie, racconti di prima mano, collage e disegni, nascono dai laboratori di scrittura e fotografia, i pasti preparati e condivisi, con gli abitanti di una casa per le donne vittime di violenza domestica a ovest di Birmingham.

La vista sulle stanze e la quotidianità di queste donne e i loro figli, anima anche l'installazione site specific realizzata per la retrospettiva curata da Carles Guerra e Pia Viewing alla Jeau de Paume di Parigi. Un lungo viaggio dagli anni settanta a oggi, documentato da una donna coraggiosa e impegnata, diventata una dei più grandi reporter Magnum. Raccolto anche nelle pagine della nuova e omonima monografia edita da Damiani/Jeu de Paume/Fundació Tàpies.