Quando entra nella suite del Beverly Hills Hotel, incute quasi timore, con il suo metro e novanta e quella barba. Poi però Idris Elba svela un sorriso e un calore che lo rendono subito simpatico, affabile come uno che sa di essere fortunato nella vita perché è riuscito a trovare la strada giusta. Per i suoi ruoli in Luther (serie che riprenderà il prossimo anno) e Beasts of no nation, ha vinto rispettivamente un Golden Globe e ricevuto quattro nomination Emmy, mentre la serie Tv The wire lo ha consacrato in America. E infatti ormai è riconosciuto da tutti non solo come attore (è in Il domani tra di noi e nel prossimo Thor), ma anche come produttore, soprattutto dopo la miniserie Guerrilla, che racconta le vicende di una coppia di attivisti per i diritti civili nella Londra degli anni '70.

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Idris Elba in una scena di Thor -The dark world.

Dal 10 agosto 2017, invece, lo vedremo nelle sale italiane con l'atteso La Torre nera, ispirato all'omonima saga letteraria fantasy-western scritta da Stephen King.

Nella Torre nera è nei panni di Roland Deschain. Chi è?

Un pistolero, l'ultimo membro di un ordine di cavalieri che combatte l'Uomo in Nero, stregone malvagio interpretato da Matthew McConaughey. Il film mantiene l'atmosfera della saga di Stephen King, che mescola thriller, fantascienza, horror e western. Non l'avevo mai letta, ora mi ci sono appassionato.

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Idris Elba in una scena del film Torre nera, con Tom Taylor.

A proposito di thriller e pistole. Spesso la indicano come il prossimo James Bond. Le piacerebbe?

A chi non piacerebbe? Sono inglese, 007 e Shakespeare sono nel nostro Dna. Ma nessuno mi ha offerto quel ruolo, anche perché è già di Daniel Craig, che è perfetto.

Qual è stata la parte più importante per la sua carriera?

Lo spacciatore Russell "Stringer" Bell di The wire. Mi ha fatto conoscere sulla scena internazionale; prima, anche con anni di Tv alle spalle, ero noto solo in Inghilterra. Nessuno mi offriva un ruolo negli Stati Uniti, un luogo sacro per me, la terra di Robert De Niro, il mio attore preferito.

È stato lui a farle venire la voglia di recitare?

Sì. A 16 anni ho saltato la scuola per andare a vedere C'era una volta in America: indimenticabile. Il giorno dopo sono andato dalla mia insegnante di recitazione a "confessarmi".

Che cosa le disse?

Che volevo diventare come De Niro. Mi rispose che i sogni vanno inseguiti, che era sicura del mio talento, sarei diventato un grande attore. Chissà che reazione avrebbe avuto mia madre a sapere che la sua insegnante preferita mi istigava a lasciare la scuola.

Ecco: i suoi genitori come presero la notizia che avrebbe fatto l'attore?

Non erano contenti. Sono di Hackney, una zona problematica di Londra: non ci sono attori famosi cresciuti lì, eppure per me è casa, ho bellissimi ricordi. Mio padre era operaio, per lui recitare significava fare la fame. Mia madre mi diede la sua benedizione, ma disse che avrei dovuto mantenermi da solo. E così ho fatto: ho iniziato a fare il dj per pagare le bollette.

Perché proprio il dj?

Era un modo per fare soldi e allo stesso tempo esprimere la mia creatività, e poi la musica è un linguaggio universale. Ho passato vent'anni cercando di sfondare come attore, ora sono fortunato: faccio il dj e il produttore nelle pause tra i film.

Com'è nato questo amore per la musica?

Sono cresciuto con reggae e dancehall, mixavo cassette con le mie canzoni preferite. Ma i miei genitori amavano calypso, blues, jazz e anche country, così ho sempre ascoltato di tutto.

Come ricorda la sua prima esperienza negli Stati Uniti?

Dura. Sono arrivato a New York da ragazzo, negli anni '80. Speravo di incontrare De Niro e passavo ore davanti al Lee Strasberg Theatre & Film Institute, sognando di poter studiare con le leggende del cinema. Non avevo molti soldi, dormivo in macchina. Nel 1997 mi sono trasferito, ho fatto tutte le audizioni possibili, ma a nessuno piaceva il mio accento. Ho passato quattro anni facendo i lavori più strani, perché non riuscivo a ottenere un ruolo. Ero un attore disoccupato che viveva in zone poco raccomandabili sperando di fare fortuna.

Una cosa che nessuno sa di lei?

Imito perfettamente Barry White e il dj Lupo Solitario di American graffiti. E sono appassionato di rally.

C'è un luogo che le piacerebbe visitare?

L'Elba! Un giorno mia madre mi fece vedere quest'isola con il nostro cognome. Per lei era importante perché ci avevano esiliato Napoleone, per me è un posto esotico che ho sempre considerato un po' mio. Anzi, se una delle vostre lettrici volesse spedirmi una cartolina con scritto ELBA... ringrazierei.