Laura honoris causa nel 2010 per il suo eccellente contributo allo sport, campionessa olimpica, mondiale ed europea, l'inglese Jessica Phyllis Ennis-Hill, classe 1986, icona dell'atletica pulita e idolo delle folle in patria, è alle Olimpiadi di Rio 2016 per cimentarsi in una delle specialità più faticose delle Olimpiadi: l'eptathlon, di cui è dominatrice incontrastata nonostante da due anni sia anche mamma. Suo figlio Reggie è nato nel luglio 2014: «Ci ho messo un po' a tornare alle performance di prima», ha raccontato. «Non tanto per la corsa: la velocità la recuperi facilmente. La vera sfida è tonare competitive sul sollevamento e il lancio dei pesi e su tutti i movimenti che prevedono l'uso degli addominali: i muscoli connettivi dopo una gravidanza sono molto più rilassati».

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Jessica Phyllis Ennis-Hill.

Quattro anni fa, a Londra, è stata l'eroina dei Giochi. Si sente più sotto pressione adesso, sapendo che dovrà gareggiare lontano da casa?

Un po' sì. Spero che il clima mi aiuti: mi aspetto un'atmosfera festosa, un pubblico allegro e carnevalesco. In gara, punto ancora al primo posto e al punteggio più alto possibile...

La competizione non l'ha mai spaventata.

Macchè. Fin da ragazzina ho sempre sognato di salire sul podio, di conquistare una medaglia, se possibile d'oro. E crescendo ho capito quanto la potenza dei sogni può portarti lontano.

Cosa ama soprattutto dell'eptathlon?

I 100 metri a ostacoli che sono anche la parte di gara in cui do il meglio di me. A Londra lanciando gli occhi verso il tabellone non riuscivo a credere di essere stata così veloce.

Nel 2014, quando è nato suo figlio, si è presa un anno di stacco e nel 2015 è tornata a vincere ai Mondiali, a Pechino. Il suo segreto?

Tanta pazienza e rispetto dei miei tempi da parte degli allenatori. Supporto sconfinato in famiglia, capacità da parte mia di accettare che dopo la maternità ero cambiata.

Può dirci in che modo si sente diversa da prima?

Con una gravidanza il corpo cambia parecchio e questo me lo aspettavo, anche se forse non mi immaginavo che avrei dovuto esercitarmi tanto per poter tornare a dare il meglio. Imprevedibile, invece, è stato il cambiamento mentale. Ora che sono una madre la mia prospettiva sulle cose è completamente diversa. Le sfide atletiche si inseriscono in un quadro decisamente più ampio, le vittorie ma anche le eventuali sconfitte sono parte di una gigantesca curva di apprendimento. E mentre imparo a essere un bravo genitore, mi sforzo di restare una brava atleta.