Ha rubato la scena a tutti, campionessa a sorpresa del balletto diplomatico che è da sempre specialità olimpica, cimento tra i più duri se sei la sorella d'un dittatore massimamente impopolare e vieni spedita a rappresentarlo in un Paese nemico. Kim Yo-Jong, sorella minore di Kim Jong-Un, studi in Svizzera sotto falso nome, biografia blindatissima, è chiaramente una giovane donna allenata, programmata per non farsi intimidire.

Sventato facilmente il trabocchetto di quanti s'erano divertiti a descriverla come l'Ivanka nordocoreana, ha oltrepassato la famigerata linea di divisione tra le due Coree con un fermaglio di stoffa tra i capelli, il passo leggero, da ex ballerina, dentro stivaletti caldi, e s'è accomodata alla cerimonia d'apertura dei Giochi con la naturalezza di chi si sente perfettamente a suo agio. Niente trucco, nessun gioiello, ha portato con grazia accessori difficili come scorta e calze color carne, stretto la mano al presidente della Corea del Sud invitandolo a visitare Pyongyang, scritto parole affettuose sul registro degli ospiti, sfoggiato sorrisi composti ma tutt'altro che freddi.

Kim Yo-Ong e Moon Jae-Inpinterest
La storica stretta di mano tra Kim Yo-Ong e il presidente sudcoreano Moon Jae-In durante l\'inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Pyeongchang.

Difficile dire se siano vere prove di disgelo tra due Paesi che, formalmente in guerra, sono scesi sul campo da hockey con un'unica nazionale, purtroppo perdente, o se la first sister sia più che altro una mossa nordcoreana di spiazzamento nei confronti di Donald Trump. In ogni caso, pare che in casa Kim il genio della comunicazione e della propaganda - che a certe latitudini non è un esercizio di piacioneria - sia proprio lei. La ragazza col cappottino.