Nicole Kidman è come la fantascienza. Non solo perché sfida le regole della fisica e della biologia, ma pure perché la sua periodica scoperta è «una specie di evergreen giornalistico», scriveva Carlo Fruttero, «come il mostro di Lochness»: ogni tanto qualcuno se ne ricorda e scrive un articolo, poi più niente fino alla rivalutazione successiva.
Come la fantascienza, Kidman è troppo raffinata per essere popolare, troppo popolare per essere raffinata. Nella percezione pubblica è una combinazione di: botox, Tom Cruise e quell'Oscar da imbruttita – per The hours – che più di ogni sopracciglio alzato documenta la difficoltà di essere presa sul serio. Quando Big little lies è diventato il telefilm più chiacchierato nei bar davanti alle scuole, le madri si sono divise in due categorie: quelle che si sbalordivano per la bravura di Nicole Kidman e quelle che imperterrite insistevano: «Ma no, ma guarda com'è ridotta: sembra un castoro di cera».
Avevano torto entrambe: Kidman è formidabile ininterrottamente dal 1995, Da morire, e l'eccesso di botulino è stato ormai prevalentemente riassorbito. Però a 50 anni – il 20 giugno 2017 – è finalmente diventata programmatica: tutti i (quattro!) progetti presentati a Cannes avevano abbinato un lodevole tema di emancipazione, e d'ora in poi lavorerà con una regista (femmina!) almeno una volta ogni 18 mesi. Altro che Lochness: della mostruosa determinazione di Nicole Kidman a rimanere rilevante adesso abbiamo le prove.