La parola "tremendous" compare nove volte. E nel caso ci fossero ulteriori dubbi sulla natura di Ivanka Trump, il nuovo libro appena uscito negli Stati Uniti – Women who work, rewriting the rules for success (Portfolio Penguin) – ne afferma con pienezza l'identità: lei è la figlia del capo. E di Ivana, naturalmente: «La donna più capace che abbia mai conosciuto. […] Spudoratamente femminile in un'industria di maschi, per prima ha incarnato cosa significhi essere una donna multidimensionale – una donna che lavora a tutti gli aspetti della vita». (E la sera beve amaro Averna, se è vecchia abbastanza da ricordarsi la réclame).

Ivanka Trump ha scritto un libro, Woman who work, per educare e ispirare le donne ad avere la vita che vogliono: proprio come ha fatto lei.pinterest
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È di fatto un breviario di aziendalismo applicato alla vita privata, che consiglia di individuare le priorità attribuendosi un «extended job title» per combattere il logorio dell'ipersemplificazione (il suo comprende immobili, vestiti, mariti e figli, ma anche corsa, cucina, valori autentici). Una specie di bio ipertrofica di Twitter, ma da tenere plastificata sul comodino – giuro. Dopodiché, sarete pronte per scrivere la «mission statement» della vostra vita, e «non potrò mai sottolineare abbastanza quanto investire in questo processo paghi i suoi dividendi». Ivanka Trump è una di quelle alle spalle delle quali, in ufficio, si alzano gli occhi al cielo. Davanti no: possono farti licenziare.

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La missione di Ivanka è di «educare, ispirare, e dare alle donne il potere di vivere la vita che vogliono vivere». Suona come una pubblicità. Lo è. In un profilo uscito lo stesso giorno del libro, il New York Times racconta che nel 2013 le linee di abbigliamento e di accessori a suo nome sopravvivevano a stento (nonostante sfruttassero i servizi di logistica e amministrazione della Trump Organization) perché le impiegate con velleità cui le voleva vendere la percepivano un tantino distante: troppo ricca, per niente empatica.

Siccome era il periodo in cui tutti parlavano di Facciamoci avanti, il libro di Sheryl Sandberg che ha aperto la stagione del femminismo su social, Ivanka decise di votarsi all'emancipazione. Così nacque il perfettamente hashtaggabile Woman Who Work: prima uno slogan, poi un sito, ora un libro. E non preoccupatevi se siete casalinghe che al più danno una mano con gli antipasti per la cena di classe: «lavorare» è inteso in senso ampio. Il target siamo noi, nessuna si senta esclusa.

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Il libro è organizzato in sei capitoli, pieni di citazioni come una Smemoranda – da Socrate a Oprah, passando per Nietzsche – e contributi di professioniste di ogni spessore e successo, alcune delle quali ora si sentono a disagio: non ne sapevano niente, non la conoscono neanche, sono anti-trumpiste della prima ora. Ma è stato scritto prima delle elezioni e comunque – la faccia tosta è un gene dominate – «non è un libro politico». Ci raccomanda di scegliere lavori che ci appassionino, fare il nostro dovere, essere gentili con tutti e sempre reperibili: il resto verrà da sé.

L'evoluzione della carriera di Ivanka somiglia a quella barzelletta della mela, Gianni Agnelli, e il nonno che muore lasciandogli la Fiat in eredità (ma con Anna Wintour nel ruolo di fata madrina). E lei non prova neanche a eludere l'indignazione dei commentatori automatici: per rendere più vibrante il concetto di «sopravvivenza» in campagna elettorale, racconta che non riusciva «nemmeno a trovare il tempo per un massaggio». Le sarà sembrato un abisso di trascuratezza, cosa ne può sapere? E d'altra parte, nel libro di Ivanka Trump una mica cerca una storia di riscatto.

Nel libro di Ivanka Trump una cerca i dettagli più pettegoli. Il Donald, innanzitutto, che nei cantieri parlava con le manovalanze per capire lo stato effettivo dei lavori. Il marito Jared, detto «il maratoneta», che è odioso esattamente come in foto: non si agita mai – «Sarebbe d'aiuto?» – e ha sempre chiaro l'obiettivo di lungo termine. La vita di famiglia – pure bisognosa di una precipua mission statement – che procede ordinata per appuntamenti: il pranzo con Arabella del mercoledì, i quotidiani 20-minuti-20 di macchinine con Joseph, il rituale della buonanotte con Theodore.

I ringraziamenti finali per le tate (XiXi è quella che insegna ai bambini il mandarino da sfoggiare nelle visite ufficiali) e l'amica del cuore Wendi Deng, che nei 100 Most Influential People di Time l'ha proclamata modello di virtù per nuove generazioni. La biondina che persuase il mondo a crederla sponda ragionevole dei Trump, e invece era la più terribile di tutti.