Quando, leggendo l'oroscopo, arriva alla voce amore, Loredana Cannata la salta a pie' pari: le relazioni amorose le interessano poco o, forse, in passato l'hanno ferita abbastanza per sottrarle la fiducia verso il prossimo. Ad appassionarla è semmai l'amore con la "A" maiuscola: quello universale, che si traduce nella difesa dei più deboli, nelle battaglie per gli ideali e per i diritti umanitari. Cannata, in questo, non si risparmia: attivista convinta, in passato è andata fino in Messico per unirsi alla causa zapatista. Si interessa anche di politica e alterna le battaglie sociali con quelle animaliste. Dal 2013 è vegana nonché promotrice di questa scelta di vita. Di quest'ultimo argomento ne parla - con molta autoironia - anche al cinema: dal 4 ottobre è nelle sale con il film Non è vero ma ci credo. Il suo ruolo? Quello, per l'appunto, di una battagliera animalista e vegana, che si scaglia contro i protagonisti Nunzio e Paolo quando sospetta che, nel loro ristorante, si stia consumando una strage con il compiacimento dei clienti.

Lo sa che è difficile trovare una vegana disposta a ironizzare sulla propria scelta alimentare?

Esiste ironia ed ironia: quando la derisione è figlia dell’incomprensione, ovviamente non mi piace. Se invece si prova a fare un'ironia intelligente, che non va all'attacco, allora è diverso e paradossalmente può perfino aiutare la causa, veicolando un messaggio. Ho scelto di diventare vegana perché sono consapevole e cosciente del dolore e della morte che subiscono gli animali: ho nel cuore e negli occhi le immagini degli animali sofferenti. Mi rendo però conto che tale consapevolezza è frutto di un percorso: non tutti hanno la stessa sensibilità, non tutti sanno le cose.

C'è chi sostiene che molti diventino vegani o vegetariani solo per moda.

Può essere. D'altronde, per potersi diffondere, un movimento di pensiero deve passare per dei meccanismi di massa: uno di questi è, per l'appunto, la moda. Va bene così, sinceramente non mi preoccupa la natura della scintilla iniziale: si può approcciare il veganismo per i più disparati motivi, ciò che conta è che poi si passi a una presa di coscienza vera e propria. Il mondo comunque sta cambiando: sono diventata vegana nel 2012 e, dopo soli sei anni, abbiamo ristoranti e dolci vegani, la gente ne parla, discute, si interroga. Persino il cinema si interessa alla materia!

Possiamo dire che il veganismo è ormai una battaglia vinta?

No, c'è ancora molto da fare.

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Oltre che per gli animali, lei si è sempre battuta anche per i diritti umanitari, andando personalmente nei luoghi dove scoppiava l'emergenza. Oggi per vedere delle persone che hanno bisogno di cibo, acqua e amore, è sufficiente volgere lo sguardo verso i nostri mari. Che idea si è fatta dell'attuale scenario sociale?

Purtroppo è in corso una guerra tra poveri: i profughi sono mossi dalla disperazione e dalla fame e, a loro volta, chi li accoglie risponde con odio, a causa dell'ignoranza. Il loro astio nasce dal fatto che viviamo in un paese che sta ancora lottando con la precarietà economica: è questo ad alimentare la nostra rabbia e la disperazione. Bisognerebbe però prendersela non con chi è debole (i profughi) ma con chi è davvero responsabile di tale precarietà. C'è però una cosa che mi spaventa più di tutte: il dilagante razzismo e, soprattutto, l’orgoglio con il quale viene ostentato. Uno dei miei più cari amici è eritreo: vive in Italia dall'età di tre anni e oggi ha due lauree, una moglie, dei figli. Spesso in passato è stato oggetto di razzismo ma ultimamente mi dice che la situazione è cambiata: entra nei supermercati e lo guardano male… Sta cambiando qualcosa ed è preoccupante. Dobbiamo assolutamente agire e reagire: combattere per i nostri diritti contro chi ce li ha levati.

Spesso chi ci ha levato i diritti è però la stessa persona che abbiamo votato. Non crede che dovremmo farci anche un esame di coscienza?

Sì, c’è anche questo. Tuttavia esistono dei movimenti più grandi di noi: la finanza ha svuotato la sovranità politica dei Paesi. Se si prendono scelte che gli investitori internazionali non approvano, si viene subito ricattati. Personalmente sto seguendo con molto interesse il movimento Diem25 di Yanis Varoufakis: ho partecipato a diverse lezioni e ho capito che l'Italia ha sbagliato a dare poco peso all'operato delle istituzioni europee. Abbiamo mandato in Europa quelli "da sistemare da qualche parte": se avessimo fatto scelte più ponderate, come per esempio la Germania, oggi avremmo modo di far sentire la nostra voce.

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Veniamo a lei: una donna bella ed emancipata, con le idee chiare e un gran carattere. Eppure l'abbiamo vista poche volte innamorata. Com'è possibile?

Nel rapporto di coppia, l’amore mi è sempre interessato poco, forse perché non volendo figli non ho mai avuto la necessità di trovare una persona con cui costruire qualcosa. Inoltre l'amore è un sentimento ondivago, che a un certo punto finisce: la maggior parte delle coppie resta insieme per paura della solitudine. Io invece ho bisogno di libertà e solitudine piuttosto che di compagnia…

Da dove nasce questa poca fiducia verso l'amore?

Ho sempre avuto una forte empatia e un grande spirito di osservazione: fin da piccola, parlavo poco e ascoltavo molto. Mi è bastato poco, quindi, per rendermi conto di essere circondata da persone che non erano davvero adulte: pochi sanno mantenere la parola data o affrontare le proprie paure. Le mie idee nascono pertanto dall'osservazione della realtà che mi circonda.

Crede però che, almeno per quanto riguarda l'intimità, oggi i rapporti di coppia siano più liberi ed emancipati?

Viviamo un una società ancora molto moralistica. Solo negli anni 70 c’era stata una effettiva liberalizzazione dei corpi e della sessualità, dopodiché siamo tornati alla repressione. Oggi la valvola di sfogo è l'uso e abuso della pornografia che poi è spesso legata a fantasie contorte di possessione e dominazione. Ma non credo che questa possa essere considerata come una libertà sessuale: forse è più figlia della moralizzazione, che le religioni hanno sempre usato come leve. I tabù sono preziosi per il potere perché rappresentano dei forti strumenti di controllo delle coscienze. L'aspetto deprimente è che, in tutto questo, sono soprattutto le donne a pagare maggiormente la limitazione della sessualità.

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