Non v’azzardate a fare una domanda banale o una battuta stupida in sua presenza: col tempo, Julia Roberts s’è votata anima e corpo a una sua personale crociata contro la superficialità e i pettegolezzi, e in genere contro chiunque cerchi di farle sprecare tempo. A parte questa deriva un po’ seriosa, che in fondo corrisponde, né più né meno, al sano pragmatismo di ogni madre in carriera - oltre che una delle attrici più talentuose e pagate di Hollywood, Julia è anche produttrice - il suo sorriso largo e senza riserve è ancora quello, irresistibile, di quand’era ragazza. Lo stesso che quasi trent’anni fa faceva capitolare Richard Gere nei panni del milionario pigmalione di Pretty woman. E che ora manda al tappeto noi cronisti, quando la incontriamo a Pasadena per la presentazione di Homecoming, nuova serie tv di cui è protagonista e produttrice, dal 2 novembre 2018 su Amazon Prime Video.

Di che cosa si tratta?

È un thriller creato e diretto da Sam Esmail, lo stesso sceneggiatore e regista di Mr. Robot, ispirato al podcast omonimo. Io interpreto il ruolo di un’assistente sociale che aiuta i veterani a reintegrarsi nella vita civile. È il mio primo ruolo da protagonista in una serie tv.

Julia Roberts, serie tv, Homecoming, Amazon Prime Videopinterest
Jessica Brooks
Julia Roberts in una scena della serie tv Homecoming, disponibile dal 2 novembre 2018 su Amazon Prime Video.

È diverso recitare per il piccolo schermo?

Non so, sono anni che non vedo un piccolo schermo, la mia televisione in soggiorno è grandissima (ride, ndr). Scherzi a parte, anche se adoro il cinema, sono prima di tutto un’attrice, mi innamoro dei ruoli, dei personaggi. Homecoming per me è come un film, un thriller psicologico vecchio stile. Sarebbe piaciuto anche a un maestro come Hitchcock.

Molti dei suoi personaggi hanno una forte connotazione sociale, a partire dalla famosa Erin Brockovich.

Vorrei continuasse così: ho tre figli e vorrei che fossero fieri di me non solo come madre, ma anche per le mie scelte professionali.

Di cosa sente l’urgenza di parlare?

Bisogna continuare a parlare di uguaglianza di genere e di diritti, cercare di arrivare al punto in cui questi discorsi saranno ormai obsoleti e potremo finalmente celebrare il lavoro di un artista, senza essere costretti a separare gli uomini dalle donne, premiando solo chi ha talento. I miei figli conoscono il senso della parola discriminazione, per loro non c’è distinzione tra uomini e donne, siamo tutti uguali e abbiamo tutti gli stessi diritti. Ho molta fiducia nelle nuove generazioni, nella loro visione sul mondo.

instagramView full post on Instagram

Ha espresso più volte la sua avversione per botox e chirurgia plastica. Non ha paura di perdersi così delle occasioni?

Sinceramente ho altre paure. Paura per i miei figli, di non riuscire a proteggerli da chiunque voglia approfittarsi di loro. Per me è più importante star bene e far vivere bene la mia famiglia. Sono fortunata e apprezzo tutto quello che ho. Ringrazio mio marito e i miei figli, ogni giorno. È vero che, per gli standard di Hollywood, non avendo ancora fatto un lifting, sto rischiando la mia carriera. Ma è anche vero che ho un contratto con Lancôme: loro credono in me proprio perché sto invecchiando con dignità, umorismo e serenità. E se non vogliono darmi un ruolo perché sembro vecchia, vorrà dire che il progetto me lo produco io e scelgo chi voglio. L’importante è non prendere questo mestiere troppo sul serio, conosco tante mamme che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, quelli sono i problemi seri, queste sono le donne che ammiro, che sono belle e brave anche quando tutto è difficile.

E la sua, di mamma, com’era?

Entrambi i miei genitori erano attori, scrittori e insegnanti di recitazione. Mia madre l’ho sempre ammirata: non ha mai abbandonato il suo sogno, anche se dopo il divorzio da mio padre ha fatto mille lavori per mantenere noi figli. E non ha mai smesso di sostenermi, per questo le sarò sempre grata.

Ci fa un esempio?

Appena finito il liceo, mi sono trasferita a New York per fare l’attrice. Alla fine degli anni 80, la città era diversa da oggi: sporca e pericolosa, lontana anni luce dal paesino in cui ero cresciuta in Georgia. Passavo molto tempo da sola ed ero tristissima. La sera chiamavo mia mamma e piangevo perché volevo tornare a casa. Mia madre conosceva bene l’ambiente, sapeva che i primi ruoli sono difficili da ottenere, soprattutto se non conosci nessuno. Mi diceva: «Provaci ancora domani, poi ne riparliamo». Così ho fatto e, grazie a lei, un giorno alla volta, sono arrivata fin qui.

Julia Roberts, serie tv, Homecomingpinterest
Hilary B Gayle/SMPSP
Julia Roberts in un’altra scena di Homecoming.

Qual è il momento preferito della giornata?

Quando faccio colazione coi miei figli, perché parliamo di tutto: amo sentirli raccontare i sogni che hanno fatto o i loro progetti per la giornata. E poi la sera, quando leggiamo insieme. È un momento magico e divertente, a volte leggendo mi immedesimo tanto in un personaggio da cambiare la voce. E loro mi chiedono di smettere di recitare.

Come verrebbe accolto un film come Pretty woman nell’era di #MeToo e #Time’s Up?

Difficile dirlo, Pretty woman ha quasi trent’anni. Molti film dell’epoca non funzionano più per varie ragioni: politiche, culturali, o anche solo perché l’abbigliamento e le acconciature risultano obsolete. Però poi penso a James Bond: benché non sia precisamente un personaggio “femminista”, nessuno sembra avere problemi nei suoi confronti. Pretty woman è un sogno, una fiaba. Alla fine è solo un film, che riesce ancora bene nel suo unico scopo: quello di intrattenerci e farci sognare.

Il trailer della serie tv Homecoming

Homecoming è un thriller psicologico con protagonista Julia Roberts nei panni di Heidi Bergman, assistente sociale all’ Homecoming Transitional Support Center, una struttura che aiuta i soldati di ritorno dalla guerra a reinserirsi nella vita civile. Basato sull'omonimo e popolare podcast, è diretto da Sam Esmail. Ecco il video della serie che vedremo a novembre su Amazon Prime Video.