David Litt aveva solo 24 anni quando è stato assunto alla Casa Bianca per scrivere i discorsi di Obama. "Sono stati anni frenetici. A un certo punto, per non essere distratto con il continuo arrivo di notizie politiche, avevo bloccato il canale della CNN sul mio computer! È difficile resistere a tanta pressione. Se guardate le immagini del presidente vedrete che alla fine del mandato era distrutto", come racconta nel libro Grazie, Obama (Harper Collins, pp. 376, € 18). Noi lo abbiamo intervistato. Ecco quello che abbiamo scoperto.

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Chip Somodevilla//Getty Images
Barack Obama a Washington nel 2008.

Come ha iniziato?

Dopo la laurea a Yale volevo scrivere testi comici e sono approdato alla rivista satirica on line The Onion. Poi una sera, stavo atterrando a New York, ho sentito per la prima volta un discorso di Obama. Ho deciso di seguire la sua campagna elettorale e poi di accettare un incarico come stagista a Washington. Da lì ho avuto l’occasione per lavorare alla Casa Bianca e non me la sono lasciata sfuggire.

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Che potere ha uno speech writer?

Noi possiamo spiegare al meglio la filosofia di un candidato, ma non possiamo trasformare una persona in quello che non è. Quando è iniziata la prima campagna di Obama era il 2007 e nessuno credeva che un uomo chiamato Barack Hussein potesse arrivare alla Casa Bianca. Per questo lo slogan "Yes, we can" ha funzionato così bene: perché indicava il desiderio di cambiamento di una Nazione.

Vale anche per Trump?

Sì. Donald Trump ha descritto uno scenario carico di negatività e lo ha riassunto nel motto "Make America great again". Anche in questo caso il messaggio e il messaggero erano perfettamente allineati e per questo credibili.

Perché ama così tanto questo lavoro?

Perché, almeno in alcune occasioni, mi ha fatto capire che potevamo cambiare la vita delle persone. Durante la campagna per la rielezione del presidente, dovevo preparare i discorsi di alcuni ospiti della convention. Fra questi c’era anche quello di Zoe, una bambina affetta da cardiopatia congenita che aveva subito numerose operazioni al cuore. Se Obama non fosse stata rieletto e la riforma sanitaria fosse decaduta, lei non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivenza. Il suo discorso fu davvero commovente...

Però è stressante...

Un semplice errore si può trasformare in una catastrofe. Durante il secondo mandato ho scritto il discorso del presidente in occasione del suo incontro con i membri di un club di giornalisti. Nella parte finale ho ringraziato i presenti che "hanno corso ogni genere di rischi in Siria e Kenya". Peccato che questo accenno avesse scatenato le ire dei keniani: i funzionari della Casa bianca hanno impiegato molte energie per far rientrare l’incidente diplomatico.

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Ben Gabbe//Getty Images

Effetti sull’autostima?

Ottimi. Mi capitava spesso di dover interrompere una cena per tornare al lavoro. Ma almeno io potevo dire agli amici: "Scusate, devo andare alla Casa Bianca. Il presidente ha bisogno di me". Per non parlare di tutti i selfie che mi sono scattato sull’Air force one!