C'è qualcosa di vagamente consolatorio, nel sapere che anche l'invincibile bionda dalla vita (in apparenza) più vicina alla perfezione di cui si sia a conoscenza, abbia avuto il suo momento di breakdown. Non che sia nemmeno immaginabile paragonare noi stesse alla bionda atomica di cui prima, e che altri non è se non sua maestà della macrobiotica Gwyneth Paltrow, ma quantomeno la sua confessione, improvvisa e recentissima, sulla depressione post partum di cui ha sofferto dopo la nascita del secondogenito Moses, ce l'ha fatta sentire come appartenente alla stessa specie. Le parole del Premio Oscar (ma soprattutto della Margot de I Tennanbaum di cui abbiamo amato tutto, dal bob biondo e ultra dritto, allo smokey eyes, fino alla gestualità con cui sapeva accomodare una radicata dipendenza da tabacco) sono qualcosa che suona davvero familiare a chi ha partorito. Ancora di più, credo, a chi ha partorito per la seconda volta, e, memore di quanto fosse filato tutto liscio con il primo figlio, si trova totalmente spiazzato quando quel "dark place" di cui parla anche Paltrow piomba addosso e non molla la presa.

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"Ero stata così euforica quando era nata Apple- ha raccontato la quasi sposa (accadrà sabato 19 settembre) di Brad Falchuk - che ho dato per scontato che sarebbe stato lo stesso con Mosey. Ovviamente è stato uno shock tremendo, perché mai avrei immaginato di poter essere una persona da depressione post partum, e invece mi sono trovata immersa in un luogo oscuro, terribile, da cui non avevo idea di come uscire. Mi sentivo uno zombie scollegato dal mondo incapace di provare emozioni".

Ecco, fino a qui il racconto della donna in grado di chiamare il suo ex "my brother" (segnale su tutti della sua alienità), è un po' il racconto di tutto quel 12% di donne che vengono colpite da questo disturbo e ci devono fare i conti, il proseguo, invece, cammina sulla linea sottilissima tra un giusto incoraggiamento a trovare il proprio modo di uscire dal tunnel, e il rifugio, per alcuni più dannoso che altro, nel think positive che sì, certo ha un suo valore e una sua importanza (anche se gli studi scientifici questa importanza non la sanno ben quantificare), ma che ultimamente viene identificato come La soluzione. Insomma, quello che ha detto la fan dei rimedi naturali per eccellenza che è Gwyneth è che lei ha rifiutato di prendere farmaci, "puntando, invece, sulla fiducia in me stessa, sul fare terapia, esercizio fisico, sullo smettere di bere alcool, e darmi uno stile di vita molto più salutare". Benissimo, per carità, tutto giusto, ma in un Paese come il nostro fortemente anti psichiatrico, ebbene questo tipo di affermazioni vanno prese con le pinze. Non c'è nulla di male nel trovarsi in un momento della propina vita dove gli antidepressivi sono fondamentali. C'è chi, come la portatrice sana dei tagli di capelli più iconici degli anni 90 (ricordate Sliding Doors?), riesce a uscire dal dark palce con un po' di yoga e valanghe di centrifugati, e chi, e non è più giusto o più sbagliato, deve affidarsi alle medicine. Quello che vale per tutte, senza ombra di dubbio alcuno, e che molte meno del 12% di noi potrebbero permettersi quel pixie cut biondo, senza nemmeno un filo di trucco.