«I bambini sono come le piante, crescono d’estate», commenta di slancio Micaela Ramazzotti in uno dei suoi ultimi giorni di ferie balneari con la famiglia. «Cambiano così in fretta. L’altro ieri riguardavamo insieme le foto dell’anno scorso. Mio figlio si è rivisto coi capelli lunghi: "Mamma, com’ero piccolo", ha reagito. La piccola aveva i boccoli e ora porta i capelli lunghi e lisci. Non voglio perderli, questi momenti. Non ho una tata, e se quando lavoro cerco di organizzarmi con mia mamma e mio marito (il regista Paolo Virzì, ndr), d’estate voglio fare tutto io. Quando saranno grandi voglio si ricordino che ero io a preparagli il loro piatto preferito». Una sacrosanta corvée di coccole e accudimento per ripartire carica a settembre.

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Andrea Gandini
Micaela Ramazzotti, 39 anni, indossa un abito goffrato con spalle over, Gucci; orecchini d’oro rosa e brillanti e choker d’oro rosa con diamante taglio ovale, Crivelli.

«L’anno scorso è cominciato a Venezia, dove presentavo Una famiglia di Sebastiano Riso. E anche quest’anno riparto da lì». Dove il 7 settembre 2018 debutta fuori concorso Una storia senza nome, il film di Roberto Andò (al cinema dal 20 settembre 2018), di cui Micaela è protagonista insieme a Laura Morante, Renato Carpentieri e Alessandro Gassman, che prende spunto da un fatto di cronaca: il furto della Natività del Caravaggio, avvenuto nel 1969 a Palermo probabilmente a opera della mafia, uno dei tanti crimini insoluti del nostro Paese. Sul destino dell’opera molti pentiti hanno fornito resoconti rocamboleschi e fantasiosi: ostentata come paramento solenne da Gaetano Badalamenti nelle riunioni tra capimafia. Calpestata come un banale scendiletto nel rifugio di Totò Riina. Bruciata e data in pasto ai maiali. La versione più plausibile è che ora faccia bella mostra di sé nella dimora di qualche collezionista privato.

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Micaela Ramazzotti e Alessandro Gassman in Una storia senza nome: lui nei panni di un noto sceneggiatore, lei in quelli di una segretaria-ghostwriter.

Thriller, spy story tra politica e cinema, come lo definirebbe?

Un filmone, d’acchito mi viene da definirlo così. Un fitto mistero che ha al centro un fatto di cronaca ancora aperto, su cui il regista ci offre una sua visione, fantasiosa e intricata.

In cui lei è Valeria, segretaria di un produttore, ghostwriter di un famoso sceneggiatore (Gassman), che, imbeccata da un misterioso informatore (Carpentieri), si trova a scrivere un copione esplosivo.

Il mistero del furto è ricostruito attraverso gli occhi e la fantasia di questa segretaria riservata e irrisolta. Come la mamma, un’assertiva ed esuberante Laura Morante, a sua volta ghostwriter di un ministro, Valeria è un’ottima scrittrice. Come tutte le assistenti di uomini importanti, è a conoscenza di molti segreti. La sua curiosità, le sue fantasticherie sfrenate, la spingono a uscire dal guscio per affrontare un viaggio pericoloso tra segreti, coperture e personaggi doppi, mafia e servizi segreti.

In questa sorta di viaggio però si emancipa, trova una sua sensualità, diventa una sorta di Nikita.

È come se dai suoi occhi scaturisse un racconto che alla fine la travolge e trasforma: comincia a sentirsi importante per gli altri, riscopre la sua seduttività, prende in mano la storia.

Andò ha detto che questo film è un po’ l’allegoria del Paese, la bellezza rubata e data in pasto ai porci.

Penso che Roberto abbia fatto un gran film perché aveva voglia di parlare di questa cosa. Come su una tela, gli ha dato vita pian piano, lo ha scritto, lo ha girato, ha costruito linguaggi e geometrie che dal semplice copione era difficile intuire. Questa è la sua visione, densa, piena, lasciamo che parli per noi.

Sul furto della Natività hanno scritto in molti, a partire da Leonardo Sciascia, lei cosa ne sapeva?

Ne ho parlato a lungo con Andò, ma non ne ero proprio all’oscuro: ho fatto il liceo artistico e poi l’Accademia di belle arti. Quel furto, a distanza di anni, lascia ancora a bocca aperta. E poi il Caravaggio, ironia della sorte, lo portai agli esami di maturità.

Quando si dice il destino.

Se ci pensa, la sua stessa figura di pittore è avvolta da ombre e misteri: fu condannato a morte per omicidio, nelle sue tele ritraeva madonne e santi, ma i modelli erano prostitute e balordi che incontrava nelle sue notti dissolute. Gli piaceva mischiarsi ai disperati, contaminare il sacro col profano. E lo stesso faceva con la luce, coi suoi celebrati chiaroscuri.

Ramazzotti, è promossa a pieni voti.

Senza nulla togliere agli altri, era il mio preferito.

Il film celebra il cinema e il suo potere di denuncia.

Il cinema ha la forza di parlare alle persone più di mille discorsi. Anch’io, nel mio piccolo, attraverso i personaggi che faccio, parlo alle donne. Mi piace accendere delle luci e mostrare al pubblico aspetti meno raccontati della società, e finché questa cosa mi risuona dentro continuerò a farla.

Si parla anche delle tante persone che svolgono lavori cruciali nell’ombra. Anche nel cinema.

Tra le categorie ignorate dai riflettori, il mio pensiero va sempre alle comparse: sui set vedo queste donne infreddolite, stanche, che aspettano ore il loro turno sperando che magari il regista le noti. Mi viene sempre in mente il viaggio che fanno su mille mezzi pubblici, ché i registi scelgono sempre location assurde.

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Andrea Gandini
Abito di crêpe doubleface con fasce di duchesse e cintura con bretelle decorate da paillettes, Emporio Armani; choker, orecchini chandelier e anello d’oro bianco con diamanti di vario taglio, tutto Crivelli.

Si sente una privilegiata?

Le guardo da lontano e mi si spezza il cuore, alcune sono sole, altre con le mamme, le più grandi lo fanno da una vita... Sono così audaci: nei loro panni nessuno ti si fila. Mentre noi attori siamo scortati e coccolati: Micaela il caffè, Micaela di qua e di là.

C’è chi ha definito l’attore un irresistibile impostore...

Penso che l’attore, a dispetto del grande ventaglio di maschere che mostra in pubblico, non sappia mai chi è davvero. È sempre alla ricerca di qualcuno che gli dica: devi essere questo o quello. Allora è felice.

Lei lo ha capito?

Ho una certezza: ho sempre voluto fare l’attrice. E, per fortuna, ho punti di riferimento solidi: prima la mia famiglia di origine, ora mio marito e i miei figli. Quando mi propongono un personaggio, è innegabile che la mia fantasia, come quella di Valeria nel film, si tuffi e galoppi all’impazzata in quel nuovo mondo lì. Ma basta che mio figlio mi chiami e si faccia abbracciare e ritorno a essere Micaela.

The Leisure Seeker (Ella & John) Premiere - 74th Venice Film Festivalpinterest
Dominique Charriau//Getty Images
Micaela Ramazzotti con il marito, il regista Paolo Virzì.

(nella foto d'apertura, Micaela Ramazzotti indossa un abito goffrato con spalle over, Gucci; orecchini d’oro rosa e brillanti e choker d’oro rosa con diamante taglio ovale, Crivelli. Styling Camilla Rolla. Ha collaborato Veronica Campisi. Trucco Stefania Tranchino@Glitter Make up using fondotinta Flash Nude e trattamento Time-Filler di Filorga. Capelli Cristiano Filippini@[#1]HAIRLAB)