Certi rischi sono troppo interessanti per resistere, anche se ti chiami Bradley Cooper, sei uno degli attori più amati di Hollywood e ti giochi l’esordio alla regia (cioè la faccia e un po’ anche la carriera), nel remake di un film che è un pezzo di storia del cinema. Non il primo remake però, il terzo. «C’era un mucchio di gente che mi diceva: Bradley, non farlo. Persone che stimo e che mi vogliono bene. Sapevo il pericolo che stavo correndo, del tipo: chi è il tizio che gira la quarta versione di quel film? Se fallisci, è la fine. Ma se una cosa te la senti dentro, non puoi tirarti indietro».

Il film è È nata una stella, storia dell’amore molto romantico e molto tragico tra un artista in declino e una giovane destinata al successo: nelle prime due versioni, quelle del 1937 e del 1954, i protagonisti facevano gli attori, in quella del 1976 con Barbra Streisand diventarono cantanti e tali restano anche in quest’ultimo remake. Che infatti ha come protagonista femminile, a fianco di Bradley Cooper – attore oltre che regista – Lady Gaga. È nata una stella arriverà nelle sale l’11 ottobre 2018. Il 31 agosto sarà presentato in anteprima mondiale alla Biennale cinema di Venezia e, a settembre, al Festival del cinema di Toronto.

Bradley Cooper con Lady Gaga nel filmpinterest
Clay Enos//Warner Bros.
Bradley Cooper con Lady Gaga in una scena del film È nata una stella.

Il capitombolo paventato da molti pare scongiurato. Di più: i rumors lo additano come il film dell’anno (al 2018 CinemaCon di Las Vegas, dopo la presentazione del trailer, c’era chi parlava di nomination), destinato a diventare l’ennesimo cult sotto lo stesso titolo. Di questo pare convinto anche Robert De Niro, storico mentore di Cooper, che ha ospitato il progetto all’ultimo Tribeca Film festival a New York.

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Jackson Lee//Getty Images
Bradley Cooper (43 anni) con la moglie, la modella russa Irina Shayk (32).

Bradley, faccia da bravo ragazzo e anima da secchione, dal 2015 vive con la modella russa Irina Shayk, a New York nel West Village, e da un anno è diventato papà di una bimba. La paternità gli dona, penso quando lo incontro: sarà per l’aria più rilassata o per quel filo di barbetta che aumenta il suo potenziale seduttivo. Lo penso ma non lo dico. Così comincio dal film, e dal coraggio che ci vuole per dirigere il remake di un capolavoro leggendario.

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Robert Kamau//Getty Images
Bradley Cooper a passeggio per New York con sua figlia, Lea De Seine, che ha un anno e mezzo.

«Mi sentivo un po’ come quando decisi di interpretare The Elephant man a teatro a Broadway. Credo di aver scelto di fare l’attore dopo aver visto il film di David Lynch: calarmi in quella parte era un sogno che si realizzava. Ogni sera salivo sul palco e mi stringeva il cuore. Ma quando cominciavo mi sentivo benissimo, e tutto fluiva naturalmente. In questo caso è accaduto lo stesso. Sapevo che l’aspettativa era enorme, ma mi sono buttato nonostante i rischi. E sono immensamente grato alla Warner Bros. Pictures per avermi supportato nelle mie idee ed avere creduto in me (nel 2011, la Warner affidò la regia a Clint Eastwood e offrì il ruolo femminile a Beyoncé, ma le cose andarono per le lunghe e il progetto fu abbandonato, ndr)».

Questo film non lo ha solo diretto: lo ha anche prodotto e ne ha scritto la sceneggiatura. E poi recita e canta. Non si è risparmiato nulla.

In realtà la sceneggiatura l’ho realizzata insieme a Will Fetters and Eric Roth, che sono scrittori eccellenti. Ma devo anche tantissimo a Stefani, insomma Lady Gaga. Ho seguito i suoi consigli, sperando di poter essere il più autentico possibile come musicista. È stata la mia guida musicale, creativa e artistica in questa impresa.

Lady Gaga le disse: la gente finirà per pensare che sei una rockstar. Aveva ragione?

Spero. Ci siamo supportati e fidati uno dell’altra. Lei è immensa, una persona eccezionale, un talento pazzesco. Sono rimasto travolto dalla sua bravura. È totalmente naturale e spontanea, per questo ti conquista.

Bradley Cooper e  Lady Gaga in un'altra scena del filmpinterest
Clay Enos
Bradley Cooper e Lady Gaga in un’altra scena del film.

Bilancio della sua prima prova da regista?

Ho usato la mia sensibilità di attore. So cosa voglia dire essere dall’altro lato della telecamera. Conosco le emozioni, le paure e le insicurezze che possono nascere. Per questo ci tenevo che tutti si sentissero a proprio agio.

E lei, a cantare dal vivo, come si è sentito?

Mai avrei pensato di riuscirci. E infatti avrei evitato. Ma ho fatto una promessa a Stefani e l’ho mantenuta.

Che promessa?

Mi ha confidato l’orrore che prova quando nei film, guardando le labbra degli attori, capisce che fingono di cantare. E ha preteso, come condizione per partecipare, che si cantasse davvero. Le ho detto sì e ho fatto in modo di mantenere la parola data.

Come ci è riuscito?

Ho lavorato per tre anni perché tutto fosse il più perfetto possibile. Mi sono sottoposto a training vocali, ho preso lezioni di canto e ho fatto ricerche sulla presenza scenica per essere credibile sul palco anche suonando la chitarra.

Un lavoraccio.

Quando qualcuno mi dà fiducia, do tutto me stesso, perché di natura sono un uomo sensibile e tendo a non deludere chi mi sostiene e supporta. E alla fine è stata un’esperienza straordinaria: abbiamo girato scene in festival veri come quelli di Stagecoach e Glastonbury, ho cantato e suonato di fronte a folle di persone. E questo mi ha fatto capire alcune cose.

Quali?

Che suonare e cantare è un modo bellissimo di esprimere l’amore perché, cantando, non ti puoi nascondere: viene fuori chi sei davvero. E poi, in fin dei conti, sono un romantico, ho sempre sognato di raccontare una bella storia d’amore. E se c’è qualcuno che ti sostiene, nessun sogno è troppo grande da realizzare

Il trailer del film È nata una stella

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