Della fama, non sa che farsene. E, forse, nemmeno del suo cognome importante visto che, finora, non se ne è mai approfittato. Il che rende Brando De Sica il “figlio di” indubbiamente più atipico della storia. Tanto per incominciare, Brando ha studiato. In America. Dove era (quasi) un signor nessuno. Si è laureato lì, specializzandosi in regia e non in recitazione. Dopodiché è tornato in Italia e, invece di realizzare il primo film che gli capitasse a tiro, si è messo a fare gavetta sul set.

Brando De Sica ha persino girato svariati spot, genere abbondantemente sprezzato dai cineasti italiani (a torto). Al festival di Giffoni, si è presentato con un corto, Aria, di bellissima fattura sul tema dell’asma: rientra nella campagna di sensibilizzazione Follow the 1 promossa da Msd Italia.

Intervista a Brando De Sica, il cinema nel sangue

Corti, spot: non è mai stato tentato dall’idea di lavorare con suo padre?

Sarebbe un’eredità troppo comoda: firmando un film di papà, sarei agevolato sia con i produttori che con i finanziamenti statali. Ma sarebbe il film di papà. Io invece voglio uscire con una cosa mia, magari anche sbagliando.

È un ragionamento che le fa onore, soprattutto di questi tempi.

Sono grato di appartenere alla famiglia De Sica: mio padre e mia madre sono due persone meravigliose, ho uno zio straordinario come Carlo Verdone, per non parlare di mio nonno Vittorio... Sono però convinto che, per lavorare nel mondo della regia, sia molto importante guadagnarsi da solo, con le proprie gambe, la stima e il rispetto degli altri, senza scorciatoie. Il regista infatti è come il capitano di una nave: il tuo equipaggio deve poterti rispettare. Affinché ciò accada, ti deve venire la pellaccia e devi passare attraverso le tempeste. Le esperienze negative sono pertanto fondamentali. Nell’ultimo anno ho avuto delle esperienze terrificanti ma, con il senno di poi, ringrazio di averle fatte.

Anche per questo ha deciso di studiare in Usa?

Sono partito perché credo che sia un’opportunità preziosa formarsi insieme ad altre culture. Un musulmano è diverso da un cristiano o, più banalmente, il tempo interiore caraibico non ha nulla a che fare con il tempo interiore occidentale. Per comprendere le differenti culture è però importante esplorarle dall’interno, camminarci dentro.

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Camilla Morandi - Corbis//Getty Images
Brando De Sica con suo padre Christian De Sica

Quando arriverà il suo primo film da regista?

Ci stavo già lavorando ma poi le riprese si sono fermate, per problemi legati alla produzione. Sto già comunque lavorando a un nuovo film. Vorrei realizzare una favola nera.

Un territorio che aveva già esplorato con il Racconto dei racconti...

Eh, sì. Sono stato scudiero di Garrone. Pur avendo studiato in America e vissuto sette anni a Los Angeles, la più grande scuola è stata con Matteo Garrone. Oltre che uno straordinario professionista, è anche un grande amico che mi ha dato tanto coraggio nei momenti più bui della mia vita.

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Franco Origlia//Getty Images
Brando De Sica con papà e mamma

Cosa la affascina delle favole nere?

Mi è sempre piaciuto lavorare con i simboli e con le atmosfere e, in questo, le fiabe sono il terreno perfetto per osare e sperimentare. Il mondo della fiaba pullula di elementi legati all’inconscio: ha molto a che fare con la psicanalisi.

Il suo autore preferito?

Roald Dahl. Ho amato le sue Streghe!

Sbaglio o lei ha un debole anche per la pubblicità?

Il vantaggio degli spot è che puoi sperimentare molto e, al contempo, farne molti. Questo ti premette di tenerti allenato. Il nostro infatti è un lavoro per certi versi molto fisico: bisogna tenere il ritmo.