Giovanni Soldini e la barca: atto primo. «Le prime volte mi ci ha portato mio padre, d’estate. Quelle vacanze erano l’unico momento in cui riuscivamo a stare tutti insieme, io, papà e i miei fratelli, per questo le amavo. Il resto dellestate lo passavo da mia nonna sul lago, dove avevamo un flying junior (una piccola barca a vela, ndr). Siccome mia nonna me la facevo su come volevo, ho cominciato ad andarci da solo. A 8 o 9 anni ero il capitano del mio flying junior e sentivo le ali della libertà. Dicevo: là c’è la Svizzera, adesso vado».

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Benedetta Pitscheider/Maserati
Specializzato in regate in solitaria, Giovanni Soldini ha fatto il suo primo giro del mondo a 25 anni. Qui è sul trimarano Maserati Multi 70 nella regata Hong-Kong-Londra 2018.

Milano, esterno giorno, 43 o 44 anni dopo. Giovanni Soldini, re della vela italica, siede al tavolino di un bistrot del centro e racconta l’inizio dell’epopea marinaresca ed esistenziale che ha fatto di lui, bambino di città e figlio di un imprenditore tessile, il marinaio più celebre da Colombo in giù. Ha la faccia segnata, le mani nodose e la voce roca, come un pirata della Disney con la cadenza milanese. Parla molto e ride molto, di sé e degli altri, dissacrante e insofferente a qualsiasi opzione di normalità: nella sua vita anfibia cominciata a terra e proseguita in mare, nella scelta estrema delle navigate in solitaria, nella fuga corsara dal futuro che una famiglia borghese disegna per un figlio. «Ho avuto una carriera scolastica difficile, ero dislessico e, ai tempi, nessuno lo capiva. Pretendevano che facessi il liceo classico e credevano non avessi voglia di fare niente, invece avevo un problema. Un inferno, insomma. Ma cosa vuole, ai tempi l’educazione dei figli era un’altra storia».

Che storia?

Mio padre era molto rigido. Dovevi cavartela da solo. Datti una sgamata, ti dicevi, tanto quello non ci sente. Quel suo essere così duro e così netto ha fatto sì che io diventassi altrettanto duro e altrettanto netto. Per sopravvivere.

E il liceo classico?

Ho capito che non ci stavo dentro e a gennaio della prima sono scappato con un amico. Ho lasciato ai miei una lettera in cui scrivevo: «Mi prendo una vacanza perché ho bisogno di stare un attimo con me stesso e decidere che voglio fare nella vita, senza il vostro aiuto».

Reazioni?

Quando hai un figlio di 16 anni che sparisce, hai poco da reagire. Tanto più che finivo la lettera dicendo: «Se chiamate la polizia, venitemi a cercare in India». Mia madre è stata malissimo, ma per me è stata una cosa fantastica. Mi mantenevo facendo orecchini. Sono tornato che avevo ancora 800.000 lire in tasca. E durante il viaggio ho messo a fuoco la mia direzione.

Cioè?

Svegliarmi al mattino contento di quello che mi aspetta. Poco dopo il ritorno ho incontrato Francesco Malingri, figlio di Franco, grandissima famiglia di navigatori. E ho pensato di investire il mio tempo per imparare ad andare in barca. Due giorni dopo ero nel loro cantiere a costruirne una.

Non le bastava imparare a guidarla, la barca?

Quando sei in mezzo al mare, non puoi chiamare né il meccanico, né l’elettricista. Sapere come è fatta una barca è utile. Ma è una filosofia antica. Oggi, mandi una foto e da terra ti dicono che fare. Infatti i miei giovani colleghi sono soltanto piloti. Io invece le mie barche me le sono costruite tutte, una persino in una comunità di recupero per drogati.

Perché?

La mia barca era naufragata e dovevo farne una nuova, visto che volevo partecipare al giro del mondo in solitaria. Ma in Italia la vela era una faccenda d’élite: Bonadeo, Porto Cervo, Falk, Agnelli. E io non volevo solo fare una regata, volevo una storia di cui sentirmi fiero. Così, quando a una festa ho incontrato un amico che lavorava per una delle comunità di Saman, gli ho detto: «La costruisco lì, la mia barca. Così imparano un mestiere che possono rivendersi»; mi offrirono una stalla nella comunità di Latina. Ho passato ore a cercare cacciaviti nello sterco, ma è stata una storia pazzesca.

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Benedetta Pitscheider/Maserati
Giovanni Soldini, 52 anni, ha 4 figli e vive a Sarzana.

Come si costruisce una barca in una stalla?

Non avevo una lira, ma non erano ammessi sponsor. Per permettere ad armatori, parenti e amici di finanziarmi ho costituito una fondazione sportiva. E poi andavo dai fornitori a mendicare, ho recuperato di tutto, dal piombo del bulbo di Brooksfield a una cassa di pezzi di pulegge di Doi Malingri.

Crederci è un passepartout?

Quella barca uscita da una stalla ha fatto il giro del mondo.

Il suo primo giro del mondo in solitario. Che cosa spinge a lanciarsi in un’impresa del genere a 25 anni?

Io non sono un solitario, ma quella era la vela più avanzata. Un’avventura pazzesca, una sfida enorme con te stesso.

Come se ne esce interi?

Il casino è che non hai nessuno con cui confrontarti e perdi il contatto con la realtà. Ti fissi sui tuoi pensieri, e dimentichi le priorità vere. Passi il tempo a fare patti con la barca, le parli. Ne esci se impari a distaccarti dal risultato. Se pensi: «Sono su una barca che va a 20 nodi giù per un’onda gigante: io ho già vinto».

Paura ne ha mai?

La paura è una buona compagna perché ti dà il senso del limite. Ma quando succede casino sparisce, pensi solo a come cavartela. Di fronte a frangenti lunghi 500 metri, capisci che la natura fa quello che vuole e a te deve andare di culo. Quando è morto il mio amico Andrea Romanelli, di fronte all’onda che ci ha capottato non si poteva fare nulla. Ma c’erano due Andrea su quella barca: uno è vivo e l’altro non c’è più. Io non credo in Dio, ma il mare mi ha insegnato che noi siamo molto piccoli.

I figli hanno cambiato la sua percezione dei rischi?

No. Io sono per dare corda lunga e responsabilità. La mia missione è renderli autonomi. A 14 anni devono avere il motorino e comprarselo da soli. Se non cadi, non impari. L’esperienza non si passa, mi diceva mio padre: o la fai, o non la fai.

La sua metà la pensa come lei?

Combatto perché almeno una minima parte di me passi nell’educazione dei figli. Cerco di istillare il germe (si sbellica, ndr). Anche se poi il tempo non è dalla mia parte: quando mio padre tornava a casa, dettava legge, io torno e non conto un tubo (ride, ndr.).

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Benedetta Pitscheider/Maserati
Soldini in alcuni momenti della su avita in mare, su Maserati.

Il mal di terra le viene mai?

Mi sveglio contento anche quando dormo nel mio letto, ma forse perché so che dopo un po’ un altro giro me lo faccio. In mare inseguo il mio sogno e quando scendo dalla barca sono in pace con me stesso. Anche se sono stato tre mesi in mare, ho perso il timone, ho incontrato i pirati, la balena, la tempesta per me è come se non me ne fossi mai andato: il che a chi ha mandato avanti la baracca dà anche un po’ fastidio (ride, ndr).

Impunito.

Un po’ sì. E infatti mia moglie è una santa. A mio figlio di 9 anni ho regalato una sveglia e gli ho detto: «Adesso ti vesti e vai a scuola. Qua c’è la bici, arrangiati». Invece giustamente lei va a controllare che la bici sia davanti alla scuola.

E sulla barca come ci stanno?

Per fortuna nessuno ha la mia attitudine, perché il peggio che ti possa capitare è avere la stessa passione di tuo padre. Da me spero prendano il coraggio di vivere come vogliono. Sono bravi, responsabili. Anche troppo. La grande ha una macchina pagata 50 euro, che ho rimesso a posto io. La madre non vuole che vada in autostrada. E lei sa che fa?

Che fa?

Non ci va. Io alla sua età ho aggiustato una moto scassata e ho detto a mia madre: vado a provarla, torno subito. Ho caricato un amico e siamo andati a Capalbio. E lì la moto si è rotta.

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Benedetta Pitscheider/Maserati
Con il team Maserati.

Costruisce barche, ripara macchine e moto. Perché?

Sono un grande manutentore.

Anche dei rapporti umani?

Ci provo, ma faccio un sacco di errori. Riparare una barca è più facile, sta buona, si fa riparare, ha poche esigenze.

Il denaro che cosa rappresenta?

Ho sempre pensato che non si dovesse esserne schiavi. La prima ricchezza è il taglio dei bisogni. Non vivo come un asceta, ma cerco di selezionare le cose che mi interessano. Viaggiare per esempio. Una cosa però me la sono comprata.

Che cosa?

Un trattore. Così quando sono a terra mi rifugio lì sopra. E faccio il contadino.