C’è Filippo Timi vestito da donna che parla fitto fitto con un barboncino di peluche. C’è Lucia Mascino, novella Kim Novak in versione fetish pin up. C’è un uomo chiuso in bagno, un insegnante di mambo, tre gemelli e un assassinio. C’è l’America Anni 50. E per non farsi mancare niente, ci sono anche gli alieni. Nata da un’idea di Filippo Timi, che l’ha portata con successo a teatro negli ultimi tre anni, la black comedy Favola arriverà al cinema, per la regia di Sebastiano Mauri, tra il 25 e il 27 giugno 2018 in più di 100 sale in Italia. Una satira antiborghese fantasy-queer, tra Hitchcock e Lewis Carroll, con un Timi mattatore trasformista (da quanto non era così in forma?), che volteggia sui tacchi meglio di Doris Day.

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Filippo Timi,
44 anni, è nelle sale dal 25 al 27 giugno 2018 con Favola.

Timi, da dove le è venuta l’idea di Favola?

Volevo scrivere uno spettacolo che avesse un personaggio femminile forte per Lucia Mascino. Sono tanti anni che io e Lucia lavoriamo insieme e volevo fare qualcosa per lei: oggi, anche a teatro, per le donne ci sono pochissimi ruoli.

Sì, ma quello che recita nei panni di un altro sesso è lei.

Avevo appena finito di girare Vincere con Marco Bellocchio e volevo distaccarmi dal ruolo del duce fascista. Allora mi sono chiesto: qual è l’opposto di Mussolini? E mi è venuta in mente una casalinga Anni 50. Così è cominciata l’avventura di Favola. Dopo tre anni di tutto esaurito a teatro ho cominciato a credere che potesse funzionare anche al cinema.

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Filippo Timi in Vincere (2009) di Marco Bellocchio.

Nel ruolo di Mrs. Fairytale è credibilissimo. Come ha fatto?

La mobilità sui tacchi mi arriva dal pattinaggio artistico. In entrambi i casi è tutta una questione di bilanciamento del peso: infatti, a guardar bene, nel film non sto mai fermo. Naturalmente il costumista mi ha aiutato, realizzando scarpe speciali con una bella pianta larga, adatta al mio numero, il 46. Per la postura invece mi sono concentrato sul movimento delle mani, che doveva essere morbido. Ho studiato Donne, il film del 1939 di George Cukor: ha dei personaggi femminili magnifici. Da là ho rubato anche il modo di parlare di Fairytale, che ricorda le doppiatrici del tempo.

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Filippo Timi (a destra) con Lucia Mascino in Favola.

La sua performance è estrema ma sublime. Mai avuto paura di esagerare?

No, anzi il ridicolo è un rischio con cui mi piace giocare. Così come amo i paradossi, l’oscillare tra intimità e risata. Nel testo ci sono frasi come: «Più una donna fatica in casa, più è bella agli occhi del marito». Oggi ci fanno ridere, ma quelle parole nascondono un gran dolore.

In Favola la trasversalità sessuale è un tema. È un film politico?

A suo modo sì. Mostra che le famiglie arcobaleno esistono, e che sono una realtà. Ma soprattutto per me è un film sulle donne. Su due protagoniste che devono liberarsi dai tabù e rompere lo schema delle mogli infelici, accanto a mariti che non le vedono e non le apprezzano, trovando il coraggio di essere se stesse. Per i tempi che stiamo vivendo, è un film azzeccato.

E dopo? Si è già chiesto qual è l’opposto della casalinga anni 50?

Certo. Il cavaliere umbro del Seicento. Lo porterò a teatro questo autunno.