Una cosa divertente che farei ancora: passeggiare per Roma insieme a Giulia Bevilacqua. La incontro in occasione di #adaywith, la puntata 1 del progetto (in divenire) di Silvian Heach: un tour alla scoperta dei place to be della città selezionati da una local e testimonial d’eccezione: Giulia Bevilacqua, romana che oggi vive tra Roma e Milano (anche se Roma per lei rimane ammaliante e luminosa come Arles per Van Gogh).

Mi basta il tempo delle presentazioni con il resto del gruppo (affiatato e impaziente come in una gita che si rispetti) per capire che io e Giulia abbiamo almeno tre cose in comune: a) non chiudiamo mai la borsa, b) amiamo le patatine, c) indossiamo un paio di sneakers bianche - peccato le sue siano pulitissime, le mie zozze come dopo una gita sui ciottoli di Roma a maggio.

“Allora adesso andiamo verso via Giulia, poi pensavo al bar Perù che è un posto trash dove mio marito mi ha portato per il nostro primo appuntamento. Dopo Piazza Farnese, ponte Sisto, Trastevere e okay ci siamo, pronteee?”.

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Ah, quarta cosa che io e Giulia abbiamo in comune: sui pullman tendiamo a sederci davanti. “Giulia mi spieghi come ci si rende conto che la propria vita è e sarà il cinema?”, le chiedo. “Te lo senti. Io ad esempio sapevo di non voler fare altro, nonostante la laurea in architettura quando ho iniziato un corso di teatro a Roma, ho capito subito che avrei voluto fare quello. Influisce anche il contesto familiare e culturale nel quale cresci, a casa mia si respirava tanto tanto cinema”.

Mi è bastata qualche battuta scambiata come fossimo due nuove compagne di banco in gita per la prima volta, per intuire che Giulia Bevilacqua ha semplicemente il genere di cervello che ti viene voglia di frequentare.

“Eccoci in via Giulia che ho scelto, oltre che per il nome (ride, ndr), perché è una via bellissima che spesso i registi scelgono come location per girare le scene dei loro film. Qui ho girato parte di Nero Wolf, una serie tv di Rai1 ambientata negli anni Cinquanta nella quale interpretavo una giornalista eccentrica che guidava una Topolina amaranto (ps: ci ha confessato che la guidava come una pazza mettendo seriamente alla prova i nervi del resto della troupe, ndr)”.

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Il tour si ferma un istante per ammirare la magnificenza architettonica di Palazzo Farnese e prosegue verso un bar che è una vera chicca, un po' per la storia personale che lo lega a Giulia (vedi più sopra), un po' perché potrebbe facilmente diventare il mio posto degli amari preferito di Roma (sesta cosa che abbiamo in comune: i locali trash): il bar Perù, un nome un programma. Arriviamo a Campo de' Fiori e ci rimaniamo giusto il tempo di scattare qualche foto (mercato dei fiori = luogo più instagrammabile ever) e di controllare se il Forno Campo de' Fiori è aperto (secondo Giulia la loro è la pizza bianca più buona di Roma, da segnate in agenda). È qui che realizzo un'altra cosa: è il viaggio stampa meno pacco della storia, e il merito è di Roma e di Giulia, la padrona di casa più autentica che potessimo sperare di incrociare. L'ho vista concedersi a tutti con generosità disarmante, l'ho vista non badare troppo al look e alle pose, l'ho vista a suo agio sempre e comunque anche quando intorno a lei si è formato un capannello di giornaliste curiose con i taccuini zeppi di domande (lei ha risposto a tutto, bevendo Coca Cola mentre si coccolava il neo appuntato sul mignolo della mano destra). L'ho vista bella quanto Roma e felice più Roma. Un cosa divertente che rifarei ancora, alla faccia di David Foster Wallace e della sua crociera extralusso nel mar dei Caraibi (Una cosa divertente che non farò mai più).