Per Philip Roth l'umiltà era quell'attitudine naturale che ti serve ad accogliere con garbo, l'espressione appena stupita, persino la medaglia che Barack Obama ti mette al collo. C'è un video bellissimo che li mostra assieme nel 2011, e che vale la pena di riguardare oggi. Dura solo pochi secondi: il presidente Usa gli assegna il National Humanities Award, lui gli va incontro esitante, l'emozione tradita da un lieve deglutire, sorride, alla fine non resiste alla tentazione di stringergli il braccio e di fargli una battuta.

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Philip Roth è morto poco dopo aver compiuto 85 anni (il 19 marzo scorso), e dopo aver atteso il Nobel invano, per tutta la vita. Il Pulitzer invece, quello sì, era arrivato: per Pastorale Americana, il suo capolavoro del 1997 che meriterebbe di stare nelle librerie di tutte le case, assieme ai classici - e di essere letto, naturalmente. Perché è un romanzo che racchiude tanta magia ma non suona spocchioso, perché ha dentro un'energia capace di dar fuoco a un oceano, perché racconta uomini e donne imperfetti ma non arresi. Incasinati, ma che ancora si sforzano di capire il senso dell'esistenza.

Proprio come ha sempre fatto lui, Philip Roth, capace di distillare verità scomode ma, dal suo punto di vista, mai pessimiste. Lui di se stesso diceva: «Cerco di essere consapevole». E allora questo è l'aggettivo adatto. Coincide con quel che scriveva, fuori dalla retorica e da certe liturgie letterarie: «La vecchiaia non è una battaglia. La vecchiaia è un massacro» (dal romanzo Everyman). Oppure: «Non puoi costringere qualcuno a dire la verità. Non più di quanto tu possa costringere qualcuno ad amarti» (da Il lamento di Portnoy). E ancora: «L’unica ossessione che vogliono tutti: l’amore. La gente pensa che innamorarsi serva a sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. Poi l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due» (da L'animale morente). Attraverso la scrittura, dava piccole (gigantesche) lezioni: «Sii più grande dei tuoi sentimenti. Non sono io a pretenderlo da te, è la vita che lo fa. Altrimenti, i tuoi sentimenti ti spazzeranno via. Ti spazzeranno via fino al mare e nessuno ti vedrà più» (da Indignazione).

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Era forte, Philip Roth, ostinato e contrario: «Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. Ogni giorno bisogna puntare i piedi». Ma non livoroso: «Non è l’essere arrabbiati che conta, è l’essere arrabbiati per le cose giuste» (da Ho sposato un comunista). Philip Roth è morto e ci mancherà, ma i suoi romanzi possiamo leggerli ancora, o cominciare a farlo, per ricordarlo col sorriso, pensando che lui già sapeva quel che a noi a volte fingiamo di ignorare: «La vita è solo un breve periodo di tempo nel quale siamo vivi» (da Pastorale Americana).