Un vestito fresco, di quelli che riescono a trattenere il profumo dell’estate. Lo sguardo limpido e seducente. Le forme morbide. Katherine Langford si presenta all'incontro così, sfoggiando la sua voglia di vivere, quasi a voler marcare la distanza che esiste tra lei e Hannah Baker, il personaggio di 13 reasons why che le ha regalato la notorietà. La guardi e hai come l’impressione che l’attrice, così giovane e alle prime armi, abbia quasi bisogno di quella distanza: probabilmente, come è accaduto a chiunque abbia guardato la serie di Netflix, il personaggio le ha scalfito l’anima. Una staffilettata di dolore, pungolante di domande. E ora si ricomincia: dal 18 maggio la seconda stagione arriva su Netflix. E lei sarà di nuovo Hannah.

Quanto coraggio richiede interpretare un personaggio così disturbante?

Se devo dire la verità, all'inizio non avevo colto fino in fondo l’abisso di dolore di Hannah. Prima di fare il provino mi avevano dato tre sfaccettature del personaggio sulle quali lavorare e nessuna di queste era particolarmente forte dal punto di vista emotivo. Solo dopo, una volta arrivata sul set e finito di leggere il libro, ho capito la straordinaria potenza di questa storia.

Come è riuscita a non farsi travolgere dal dramma di Hannah?
È stato decisivo il suggerimento del produttore esecutivo Tom McCarthy, che ha girato anche i primi due episodi della serie: mi ha detto di mantenere il personaggio leggero. Così ho fatto, anche se non è stato facile. Inoltre la produzione ha fatto in modo che fossimo sempre affiancati da specialisti e psichiatri per aiutarci a entrare nei personaggi e restituirne la storia con autenticità.

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Se la serie ha riscosso così successo tra i giovani, è perché ha puntato proprio sull'autenticità?
Indubbiamente. Anch'io sono giovane e sento parlare molto del suicidio, spesso in modo errato. La scelta vincete del regista Kyle Patrick Alvarez è stata quella di raccontare una storia per quella che era, senza drammatizzarne gli eventi. Proprio per questo ha utilizzato una sola telecamera e interrompeva le riprese il meno possibile.

Una volta finita la prima stagione, una parte di lei non desiderava lasciarsi Hannah alle spalle?
Hannah è sicuramente un personaggio complesso e faticoso da interpretare, ma mi è dispiaciuto quando le riprese sono finite. Ho vissuto nei suoi panni e camminato nelle sue scarpe per mesi e mesi: una parte di lei mi è entrata dentro. Per esempio, la scena del suicidio è stata la più impegnativa non per il tema trattato ma perché sapevo che avrei dovuto lasciare andare Hannah.

Si aspettava che la serie sollevasse così tante critiche?
Penso che il cinema e la tv siano nati anche per questo: per promuovere la discussione e il confronto. Quindi, ben vengano le critiche.

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