Le piccole fan di Bruce Springsteen già sapevano che la donna di cui essere gelose era Adele Zerilli, la mamma, nata nel 1925 e ancora ogni tanto filmata mentre balla ai concerti del figlio: lei e le due sorelle fanno duecentocinquant'anni in tre, scrive Springsteen in Born to run, l'autobiografia uscita in tutto il mondo a fine settembre 2016. Quello che non sapevamo, però, era che Adele è un caso da posta del cuore.
Del padre già si sapeva: scorbutico, depresso, classe operaia. Quella in cui è cresciuto Bruce, anche con qualche vantaggio: «Ragazzini razzisti ne conoscevo, ma non ne ho visti che non erano disposti a giocare coi ragazzini neri finché non sono incappato nella borghesia. Giù da noi, pigiati tutti assieme, non discriminavamo: troppa prossimità fisica,
e serviva sempre uno in più per giocare a baseball». (A un certo punto il piccolo Bruce s'innamora di un'ebrea, «finché una
sera buttai lì la questione di Gesù, e fu come se avessi detto "cazzo"»).
Insomma, la mamma. Che si era sposata con uno che «ti spiegava che le canzoni d'amore alla radio erano un complotto governativo per farti sposare e pagare le tasse». Come ci sei finita con un irlandese, le chiese una volta Bruce. «Gli italiani erano troppo prepotenti, ero stufa di prepotenze». E quindi s'è sposata uno cupo e povero.
«Mia madre era un mistero. Nata in una famiglia relativamente benestante, abituata alle cose belle, si sposò a una vita di semipovertà». La famiglia del padre è fatta di uomini che non si alzano da tavola, «la trattavano come una serva». E quando una delle zie dice a Bruce che da piccola la sorella non alzava un dito, «la chiamavano "reginetta" per quant'era viziata», il figlio non la riconosce nella descrizione: «Stiamo parlando della stessa donna?».
Quindi ora sappiamo perché uno di quei maschi tutti chitarra e motori canta così bene le donne: ha imparato quanto sappiamo essere inspiegabili osservando la mamma.