Ha la malìa di una moderna Circe, capace di stregare con personaggi che toccano l’anima, e lo spirito di una coraggiosa Giovanna d’Arco, pronta a immolarsi nelle donne che interpreta in nome dell’arte. Il lato che non tutti conoscono di Marion Cotillard è però la fragilità che la porta, confessa, «ad amare e soffrire tantissimo, a essere, forse, troppo sensibile. Ma per me è il prezzo da pagare per recitare bene, per essere autentica». Lo ha dimostrato in tanti suoi ruoli, dall’addestratrice di orche, mutilata di Un sapore di ruggine e ossa alla Edith Piaf di La vie en rose (per cui ha vinto l’Oscar), fino alla lady dark e malvagia («il contrario della mia indole») di Macbeth.

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Marion Cotillard, 42 anni.

Ora, nonostante il successo hollywoodiano, il cuore di Marion sembra voler restare in Francia per tornare a collaborare con registi nazionali e per cercare di essere una mamma il più normale possibile (dal compagno, l’attore e regista Guillaume Canet, ha avuto Marcel nel 2011 e Louise nel 2017). E, in fondo, Marion è sempre “regina” in patria, al Festival di Cannes: l’anno scorso ha presentato I fantasmi di Ismael di Arnaud Desplechin, quest’anno è in Gueule d’ange dell’esordiente Vanessa Filho, nella sezione Un certain regard.

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Marion Cotillard in una scena di Gueule d’ange, che presenterà a Cannes nella sezione
Un certain regard.

Gueule d’ange tratta un tema difficile: una madre, che vive sola con la figlia di otto anni, decide di andarsene, abbandonando la bambina a se stessa.

Nelle mie scelte mi lascio trascinare dall’istinto, spesso mi avvicino a progetti insoliti che abbiano la capacità di far riflettere. Siamo umani, capaci di sbagliare e di lasciarci travolgere dalle situazioni sbagliate. Non è sempre facile riuscire a mantenere un equilibrio, e da qui nascono i grandi drammi.

La sua, di debolezza?

Il senso critico. So essere molto dura con me stessa, ancor più che con gli altri. Non sono mai completamente convinta di una mia performance, so che posso fare sempre meglio. Forse si tratta solo di insicurezza, comune a tanti artisti, perché per esprimerci, per esistere, siamo costretti a esporci.

Lei sembra una donna molto forte, comunque.

Cerco di esserlo, perché così nessuno può farmi male. Cedere è come far vincere le invidie, le gelosie, le cattiverie. Non è facile, ma di certo l’ho imparato con l’esperienza: deprimersi e incattivirsi non serve a nulla, se non a stare peggio.

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L'attrice bionda, come si è fatta per l’ultimo film Gueule d’ange.

Legge mai le recensioni o i pettegolezzi su di lei?

Cerco di non farlo troppo. Ma con i social e la presenza costante dei paparazzi a volte è impossibile non sapere. Reagisco solo quando mi sento costretta, perché non ho scelta, perché sono coinvolte altre persone che possono restare ferite. Altrimenti cerco di avere una quotidianità normale.

Non dev’essere facile per una delle attrici più richieste.

Per me è fondamentale stare vicino alla mia famiglia, posso rinunciare perfino a un ruolo importante. Cerco di viaggiare sempre con i miei figli, anche se non li porto troppo spesso sul set. Sono molto protettiva, non voglio scaricare su di loro i miei problemi, portare a casa i miei personaggi. Per fortuna, posso permettermi una tata. So di essere privilegiata, non tutte le donne che lavorano hanno abbastanza soldi per un aiuto a tempo pieno e tante sono costrette a scegliere, abbandonando il lavoro. Da quando sono mamma e conosco bene le preoccupazioni e i sacrifici per il benessere dei propri bambini, ho ancora più rispetto per tutte le donne.

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Marion Cotillard nel 2008 con l’Oscar ricevuto come miglior attrice protagonista per La vie en rose.

Come l’ha cambiata essere mamma?

Ora sono diventata sicuramente più organizzata e attenta alle cose pratiche, normalmente sono più romantica e sognatrice. Io e Guillaume sappiamo che stiamo vivendo il periodo più fortunato e felice delle nostre esistenze e cerchiamo di godercelo il più possibile.

In Rock‘n roll, dove recita con il suo compagno, lui si sottopone a un circolo senza fine di chirurgia plastica, per timore di invecchiare. E lei, alla fine, si lascia trascinare. Viene da domandarsi se non si è mai trasferita a Hollywood per timore di diventare davvero così...

La verità è che amo il mio Paese, anche se mi reputo fortunata a poter lavorare altrove, non solo in America. Adoro viaggiare, scoprire nuove culture, ma poi è sempre bello, alla fine, tornare a casa.

Marion Cotillard e Il maritopinterest
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Una scena di Rock’n roll, con Marion e il compagno Guillaume Canet.

Il film, che Canet ha anche diretto, è ispirato a lei, seppure in maniera esasperata.

È sempre rischioso per un’attrice accettare una nuova avventura, soprattutto quando si tratta di una commedia come questa, che mi mette totalmente in gioco, anche se chiaramente sopra le righe… È davvero qualcosa di diverso, quasi un docufilm paradossale su di me e su Guillaume, una satira amara, ridicola, ma allo stesso tempo veritiera. Spero che il pubblico si diverta molto a guardarci in queste situazioni.

Come ha deciso di parteciparvi?

Per una questione di fiducia. So che lui mi conosce, sia nel mio lato migliore che in quello peggiore, nelle mie debolezze. Quindi pur correndo il rischio di espormi troppo, mi sono lasciata andare. Ho avuto meno ansie per questo personaggio che per tutti gli altri che ho interpretato, forse perché mi sono lasciata trascinare dall’entusiasmo e dalla vena creativa di Guillaume. La verità è che sono una che si lascia tentare dal rischio.

Lei e Guillaume siete proprio una bella coppia.
Lo stimo e lo ammiro tantissimo, come artista oltre che come uomo. Penso che la complicità sia fondamentale per far funzionare un rapporto, con un pizzico di mistero in aggiunta. E poi trovo irresistibile quella sua fantastica immaginazione. Solo a lui vengono certe idee!

In questo film trionfa soprattutto l’amore tra di voi, nonostante le difficoltà e i problemi.

Quello dei sentimenti è sempre un terreno delicato, perché nella finzione si rischia di sconfinare nei luoghi comuni, nei baci e negli abbracci esasperati, nell’ipocrisia o nell’ingenuità. E nella vita vera, poi, tutti sappiamo quanto sia difficile rapportarsi con la quotidianità, soprattutto dopo molti anni di convivenza. Volevamo ci fossero realtà e autenticità prima di tutto, pur essendo un film che fa ridere tanto, per le situazioni assurde ed esasperate che mette in mostra. E in fondo sono convinta che, per quanto ridicole siano, in realtà fanno riflettere: toccano le fragilità umane, la crisi di mezza età, la paura di invecchiare. Ma l’amore vero conta più di tutto, come la famiglia.

Che ne pensa del movimento #MeToo e di questa nuova rivoluzione femminista? Ha ammesso di essere stata anche lei una vittima.

Penso che questa rivoluzione sia necessaria per attuare un cambiamento. Non c’era altra via. Certo, è importante che le storie siano verificate e accertate come autentiche e che, subito dopo, i colpevoli vengano puniti con severità. Auspico che tutta questa consapevolezza porti alla fine di certi atteggiamenti sessisti, e alla condanna dei colpevoli. Nella mia esperienza, quasi tutte le donne sono state vittime e alcune temono ancora di confessare, ricordare o persino ammetterlo a se stesse. In questo momento è davvero fondamentale trovare il coraggio di parlare.

Lei è anche un’attivista per l’ambiente. Dal 2001 collabora con Greenpeace, ma anche con il Wwf, la Nicolas Hulot foundation e altre associazioni.

Sento una connessione profonda con la natura e voglio proteggerla con tutte le mie forze, tanto che sono diventata una sostenitrice accanita della cucina biologica. Sulla mia tavola ci sono solo prodotti rigorosamente bio, e ci tengo a controllare la provenienza di tutto. Sono convinta che dalla tutela dell’ambiente, e dal nostro impegno, dipenda il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Chi è Guillaume Canet, il compagno di Marion Cotillard

È attore, regista, ma soprattutto la metà meno famosa di una coppia sempre sotto i riflettori. E gli piace così. Spesso a Hollywood ci si chiede se una coppia stia insieme per pubblicità o per sentimento. Con Guillaume Canet e Marion Cotillard il dubbio svanisce all’istante. Tra i due, la chimica è palpabile. Sarà (anche) per questo, se sanno recitare tanto bene insieme. La loro prima volta “a due” sul set è stata per un film indipendente e molto originale come Amami se hai coraggio, e poi l’hanno fatto ancora in Blood ties e Piccole bugie tra amici. Mai prima d’ora, però, sono stati tanto audaci quanto in Rock ‘n roll, che Canet ha anche diretto e che è stato presentato al Tribeca Film Festival 2017 (in Italia, non si sa ancora quando arriverà).

Marion Cotillard e il compagno Guillaume Canet​.pinterest
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Nel film, i due interpretano se stessi – due attori famosi alle prese con i tic dell’industria cinematografica – ma in una parodia surreale. Del resto, amano prendersi in giro di continuo. Come quella volta – ricorda Canet – che Marion, per gioco e per prepararsi a un film, gli ha chiesto di portarle la fotografia di un fondoschiena femminile. «Sapendo quanto è timida, l’ho sfidata a portarmi quella di un pene». E lei? «L’ha fatto, ma poi abbiamo concordato che era molto piccolo».

In Rock ‘n roll non sembra facile essere sposato a una grande star.

Sono sempre stato ossessionato dalle storie d’amore lontane dai soliti cliché del cinema. Mi piacciono le sfide, per questo dirigo o lavoro spesso con registi esordienti. Qui, volevo scherzare sul mito della celebrità.

Nel film ci sono episodi molto autoironici, come quando il suo protagonista viene chiamato “Signor Cotillard”. E poi c’è la crisi di mezza età, tutta al maschile.

Ci siamo molti divertiti a passare dalla realtà alla finzione, esaminando le nostre piccole manie quotidiane, i difetti, e rendendoci conto di quanto possano essere brutti. Per fortuna, siamo capaci di ridere di certi atteggiamenti: è normale sbagliare o peccare. È questa la forza che ci tiene insieme, e ci fa fidare l’uno dell’altra.

Nel film quello che conta al di là di tutto sono i sentimenti.

Io e Marion conosciamo bene l’importanza delle emozioni, quanto devono essere autentiche per non cadere nel ridicolo o nel melodrammatico. Anche se questa è una satira, era comunque importante che l’amore fosse vero. Perché, in fondo, dove altro si celano la felicità e il dramma umano, l’empatia e il perdono?