Senza Philippe Starck il Salone non sarebbe il Salone. È il designer più famoso del mondo (alzi la mano chi non ha qualcosa di suo in casa), uno che per strada la gente ferma di continuo, eppure a lui importa solo “che mi dicano che ho reso le loro vite migliori”. Noi lo incontriamo nello showroom Cassina, dove arriva insieme all’inseparabile moglie Jasmine (che come lui è vestita di grigio antracite da capo a piedi e ha un look molto minimal), per presentare un nuovo tavolino della linea Volage X-S: divani e poltrone extra-soffici, super comodi, un classico contemporaneo su cui viene voglia di sedersi. A guardarlo, mentre ci parla, non pare un mito vivente, un genio di (quasi) 70 anni, ma un ragazzo gentile, simpatico, con la battuta sempre pronta. In questi giorni di Salone presenta diversi progetti, eppure confessa “non ho la minima idea di cosa ci sia da vedere al Fuorisalone”.

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Come ci si sente a essere in tutte le case del mondo?

Non sono orgoglioso e non conosco il significato della parola orgoglio. Penso che nel momento in cui qualcuno crea qualcosa di bello, abbia il dovere di condividerla con il maggior numero di persone possibile. Cerco di lavorare molto per dare il massimo a tutti. Ma alla fine non sono mai felice di ciò che ho fatto: non è mai abbastanza bello, intelligente, accessibile, visionario…. Quando sogno un progetto sono molto felice, quando lo realizzo meno. Alla fine il mio verdetto è sempre lo stesso: avrei potuto fare di meglio.

Lei ha detto che il design è morto, ma se continua a disegnare vuol dire che ci crede ancora…

È l’unica cosa che so fare, non potrei fare un altro lavoro, sono un sognatore professionista! Ho sempre pensato che il mio non fosse un lavoro utile, ma continuo perché c’è sempre qualcosa di nuovo da dire, nuovi materiali da testare, la storia non è finita. Quando la battaglia sarà vinta allora ci fermeremo! Oggi ci sono molte nuove sfide: una delle più importanti, specie per le persone che non hanno molti soldi, sarà l’era post-plastica. Adesso sta cominciando l’era post-petrolio.

E cosa ci sarà dopo la plastica?

Questo è il punto! Stiamo lavorando molto con nuove compagnie e con i chimici per capire cosa potremo avere dopo la plastica, oggi c’è pochissima offerta di materiali plastici ecologici e organici, non c’è la qualità, per questo è impossibile utilizzarli per aziende come Kartell, per questo continuiamo a fare ricerca. L’80% del mondo vive bene grazie al prezzo accessibile della plastica, quando scomparirà sarà un disastro”.

Qual è il futuro del design allora?

Non c’è futuro per il design, noi siamo già nell’era “bionica”, e nell’era della dematerializzazione: tutte le cose inutili da cui siamo circondati scompariranno. Tutte le costrizioni scompariranno. “Bionismo” significa avere non aver bisogno di niente e avere tutto dentro di te. Saremo pieni di cheap. Non avremo più bisogno dei designer perché non ci sarà più niente da disegnare. Un esempio? I libri saranno direttamente nel tuo cervello.

Non avremo più bisogno di sedie, divani…?

Non sono sicuro che ne avremo ancora bisogno! Stare seduti è la posizione peggiore per il corpo ed è una cattiva abitudine. Molte persone lavorano in piedi oggi, e io sono d’accordo, poi ti sdrai. Il futuro sarà senza sedie e senza sofà, penso siano morti!.

Come nasce un’idea?

Per me la creatività è come una malattia mentale. Al mio livello, è come uno sport estremo: nessuno comprende come uno possa fare salti mortali con una bici, a 30 metri d’altezza; così succede a me: non so come faccio quel che faccio. Non ho la sensazione di essere realmente vivo: vivo su una nuvola grigia da qualche parte, dove posso sognare di tutto. Come nella quantistica, dove tutto succede nello stesso tempo, io penso a tutto nello stesso momento. Io ho sempre le risposte in anticipo. A volte 20, 30, anche 40 anni in anticipo. Io lavoro tutto il giorno, e sono isolato, non ho contatti con il mondo esterno, perché non ho computer né cellulare. La notte, quando porto il mio lavoro a Jasmine, che a volte è qualcosa di molto complicato, molto tecnico, io dico: Non ho pensato nemmeno per un secondo, ho solo disegnato: per me è scioccante! La cosa interessante è che qualche giorno dopo, quando incontriamo i partner di questa cosa complicatissima, 9 persone su 10 di solito dicono: “Cercavamo le soluzioni da anni, ed ecco che tu le hai trovate!”, Questo è un miracolo che accade ogni giorno perché io faccio un grande progetto ogni giorno da solo.

Davvero non ha né computer né cellulare?

Non ho il computer e disegno tutto a mano e non ho il cellulare perché non ho nulla da dire. Mia moglie è sempre con me e con i miei figli parliamo quando ci vediamo.

Philippe Starck con la moglie.pinterest
Getty Images
Philippe Starck con la moglie.

Cosa fa quando non crea?

Niente, creo tutto il giorno, non faccio sport, non faccio nulla, per questo sono grasso, ho una brutta pelle… sono un alieno della creatività!

Si ricorda il suo primo progetto?

Una collezione di progetti per una macchina per torturare la mia insegnante, quando ero ancora molto molto giovane.

Dove le piace vivere: Parigi? Venezia?
Il mio cuore è veneziano, il mio cervello è parigino ma il mio corpo è in Portogallo. Amo vivere lì perché la gente è così gentile. Se vivi in un posto dove la gente onesta che ti ama, è come un sogno e per me è diventata una droga.

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Ovunque lei vada comunque la gente la riconosce e la ferma per strada come una star…

La gente mi ferma ovunque. Io non ci faccio caso e non mi importa molto. Sono felice solo quando la gente mi dice che mi ama perché li aiuto ad avere una vita migliore…. Allora penso di aver fatto bene il mio lavoro…

Un consiglio a chi inizia?

L’errore più comune è pensare di fare un lavoro trendy. Ma essere trendy significa fare qualcosa che molte molte persone fanno già. Per sopravvivere possono fare solo una cosa: non essere trendy. Un giovane designer o un giovane che faccia qualunque altra cosa deve ricordarsi di essere differente, e di essere se stesso. E crederci finché il mondo si accorge di questa differenza e inizia ad averne bisogno.