Siccome Chiara Ferragni è bionica, ha partorito senza sbeccarsi lo smalto. Su Instagram si è subito scatenato il dibattito: non gliel’hanno tolto perché è raccomandata, non se l’è tolto perché è un’incosciente, se ne sono dimenticati perché il parto è stato d’urgenza, ma se lo sanno tutti che era programmato. "Subito" è l’avverbio sbagliato, giacché, rischiando la sommossa, Chiara Ferragni ha, in occasione della nascita dell’erede, compiuto una gravissima violazione del patto sociale che la lega a noialtre tondinodipendenti. Noi che la mattina ci svegliamo e come prima cosa, approfittando del fuso, controlliamo cos’ha fatto Chiara mentre dormivamo, nel pomeriggio californiano.

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Sta tutto sempre lì, nei tondini, le stories di Instagram. È l’unico livellamento sociale che funzioni: ricche, povere, sceme, intelligenti, abbiamo tutte diritto a vedere in quasi diretta la vita della Ferragni (anche quelle che lo negano e che, a «Cosa fai appena sveglia?», risponderebbero «Leggo romanzi russi»; anche loro, specialmente loro). E invece, nel momento più importante del ferragnismo, la nascita del primogenito, la donna che vive in diretta decide di sbatterci in faccia che lei veramente accende la telecamera solo quando le va, che è perfettamente capace di tenersi per sé la vita privata, se decide di averne una, che è una donna d’affari, mica un’esibizionista. Quaranta ore di silenzio. Addirittura, il comunicato ai giornali è arrivato prima della prima foto su Instagram (quella in cui si vedeva che lo smalto era intonso).

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Se è una campagna per il ritorno ai mezzi di comunicazione tradizionali, è riuscita: dov’è il vantaggio di Instagram, se non possiamo vedere tutto, sapere tutto, averti in diretta come se vivessi nella casa del Grande Fratello? Allora tanto vale tornare alle tradizioni: comunicati, interviste, carta da sfogliare. Poi l’attività social è ripresa: tondini dall’ospedale, tondini da casa, tondini con tutine di marche ben visibili per il neonato, fatto nascere a Los Angeles perché un domani possa fare il presidente degli Stati Uniti, che è un po’ il minimo che ci aspettiamo da Leone Lucia Ferragni (per riconoscibilità è probabile abbandoni il "Lucia").

Tondini del padre, anche, che - in piena sindrome Rhett Butler - si preoccupa della rispettabilità culturale del neonato, e lo culla non certo con rapper semianalfabeti in sottofondo: nei video dei primi giorni il pupo gemeva sopra a De André, Tenco, Gaber. Se va avanti così, entro le scuole medie collezionerà libri Adelphi, disprezzerà i social, e convincerà i genitori a farsi togliere i tatuaggi.

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La campagna di Dodo, griffe di gioielli, per festeggiare l’arrivo di Leone.