La battaglia fra Alfio Marchini e Giorgia Meloni a Roma non è una sfida per governare la capitale: entrambi rischiano di non arrivare al ballottaggio. È la sfida decisiva per il centrodestra italiano. Berlusconi, rifiutando di convergere sulla giovane Giorgia come gli chiedeva Salvini, ha segnato un confine e lanciato la corsa per la sua successione.  Oggi, in Europa, si confrontano due destre: una liberale ed europeista, favorevole a restare nell'euro. L'altra populista e antieuropeista, favorevole al ritorno degli Stati nazione e delle frontiere. La seconda vola nei sondaggi e nei primi test elettorali, dalla Francia di Marine Le Pen all'Austria di Hofer. La prima, spaventata dai successi dell'altra, oscilla: a volte la combatte, altre la imita. 

Basti pensare alla Merkel, che in Germania prima ha aperto le frontiere ai profughi poi, dopo aver visto il calo nei sondaggi, le ha richiuse. Arrivando a invocare la sospensione del trattato di Schengen. In Italia, Forza Italia è confusa: alterna toni salviniani contro Bruxelles e gli immigrati a toni moderati ed eurocentrici, come quelli che nelle ultime settimane ascoltiamo dallo stesso Berlusconi, da Brunetta o dal loro luogotenente in Europa Tajani. Il caos è grande, ma una cosa è certa: da quando Gianfranco Fini è sparito dal panorama politico, in Italia manca un progetto di destra liberale. 

Oggi Berlusconi, lanciando Alfio Marchini, cerca un nuovo spazio politico e un leader nazionale. Ma Marchini non è uomo di destra, casomai un centrista con una storia familiare a sinistra. Scegliendolo come suo possibile successore, Berlusconi sembra aver capito che a destra la sfida sarà vinta da Salvini. E che, in futuro, l'elettorato moderato di Forza Italia assomiglierà sempre più a quello del Pd renziano. Per questo il Cavaliere si scaraventa al centro. Facendo di Marchini un'alternativa se l'attuale premier dovesse cadere.