Cara Nigella,

salvami dall'avocado.

Tu sola puoi, sei tu che hai cominciato. E tu sola sai il male che può fare. L'avocado rappresenta il punto più basso della tua carriera. Sarà stato un paio di anni fa: era ancora un frutto vagamente esotico. Era dopo le foto al ristorante in cui Charles Saatchi ti prendeva per il collo, dopo il divorzio riparatore, dopo le formidabili storie delle due sorelle italiane alle tue dipendenze che per anni avevano assistito a magnifiche stravaganze: capricci e meschinerie, usi disinvolti di cocaina e altre dipendenze. Tu eri tornata in tv per uno di quei programmi in cui sostanzialmente mescoli sospirando ingredienti cromaticamente allettanti, e decidesti di insegnarci a fare l'avocado toast.

La ricetta faceva grossomodo così: prendete un avocado maturo – come fosse facile – e spalmatelo su una fetta di pane tostato, aggiungete due gocce di lime (non limone: fa cheap) e tre foglie di prezzemolo (non coriandolo: fa antica erboristeria). Oppure, se proprio vi sentite Bottura, conditelo con aneto e peperoncino, quindi affettate un rapanello. Fine. I telespettatori inglesi si produssero nell'equivalente indigeno di «che cosa lo paghiamo a fare il canone allora», io uscii a comprare un avocado. Erano gli ultimi istanti di quella che avrei chiamato la mia vita precedente.

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L'avocado fa benissimo a tutto, distrugge il male, dona stile a ogni stoviglia, è più fotogenico di Cara Delevingne. Oltre a spalmarlo sul pane io lo metto nell'insalata, lo friggo nell'olio, lo mischio alla tartare e persino nella zuppa. Ci faccio i dolci, io. Le torte. Di avocado. E ho sospirato di provincialismo nel leggere che a Brooklyn tre eroici italiani stanno per aprire una – senti che bel suono – Avocaderia. Poi l'altra notte mi sono ritrovata in piedi mezza nuda davanti al frigorifero col cucchiaino in mano (quante cose mi hai insegnato) e ho capito che mi serviva aiuto. Un tempo avrei bramato gelato al caramello, fonduta di formaggio, avanzi di crema chantilly. Invece io ero lì per l'avocado.

Conservare intelligenza nel cedere al peccato è la sola forma di redenzione possibile. La regina Elisabetta ha un suddito adibito al trasporto della sua specifica ghiottoneria: il salame al cioccolato. Nora Ephron ha teorizzato la necessità filosofica di ordinare almeno quattro tipi diversi di dessert, e non riconosceva alcuna dignità all'omelette di soli albumi. Che senso ha sprecare inventiva, risorse o sensi di colpa per un fagiolone verde che non fa neanche male? A settembre uscirà il tuo nuovo ricettario, Nigella. Giurami che non c'è traccia di avocado.