Fidel Castro era un dittatore, spesso brutale. Ma il fatto che la sua rivoluzione comunista abbia rovesciato un regime dispotico filoamericano, quello di Batista, ne ha alimentato il mito. Il suo regime ha incarcerato oppositori politici, impedito la libertà di parola, imposto il culto della personalità. Calpestato con la polizia segreta il sogno apparente di un'utopia autarchica ed egualitaria. Eppure milioni di persone lo considerano il comandante coraggioso che per decenni ha tenuto a bada la più grande potenza del mondo che pure distava poche miglia dalle sue coste e più volte aveva tentato di rovesciarlo.

Qualche risultato Fidel lo ha certo ottenuto. Scuola e sanità di buona qualità per tutti, mortalità infantile molto più bassa rispetto alle fragili e corrotte democrazie caraibiche e centroamericane. Il regista Michael Moore, nel film Sicko, dedicato all'iniquo sistema sanitario americana (solo Obama ha provato, con risultati controversi, a correggerlo), gira una sequenza scandalosa nella quale immagina vecchi americani malati imbarcarsi per L'Avana nella speranza di ottenere cure gratuite. Il mito della sanità cubana ha retto fino a oggi, consentendo allo stesso Fidel Castro di sopravvivere a lungo a una terribile malattia. E la popolazione, pur oppressa, non ha mai smesso di sentirsi una comunità.

Insomma, condanniamo pure il Castro dittatore. Ma chi oggi esulta per la sua morte, come lo sguaiato Donald Trump, farebbe bene a condannare tutti gli altri terribili autocrati che sosteniamo. Come Al Sisi in Egitto e i reali sauditi, i cui petrodollari non ci stanchiamo di accogliere. O come il regime di Pechino, che incarcera migliaia di cinesi ogni anno. Per non parlare di Assad, il macellaio di Damasco che bombarda i civili col muto consenso dei leader d'Occidente. Ma l'indignazione, si sa, nelle democrazie occidentali va quasi sempre a braccetto con la convenienza.