Per quanto romantica una si ostini a essere, la reazione alla notizia della separazione di Ben Affleck e Jennifer Garner non può che somigliare a «Vabbè, dài: era anche ora». 

La parità non esiste, e ogni relazione funzionale si fonda sull'equilibrio di diseguaglianze capricciose a piacere.

Per dire: io sono anni che mi faccio sbucciare la frutta, e in cambio tengo gli occhi aperti davanti alle scene più cruente deIl trono di spade.

A casa Affleck, invece, lui si occupava di vincere premi Oscar, perdere soldi a carte, mascherarsi da supereroe; lei andava a fare la spesa, accompagnava i figli a judo, ogni tanto girava un film per sentirsi emancipata.

A sentirli, era un matrimonio «molto consapevole: ci sforziamo di fare le cose insieme, e di mostrarci affettuosi». Avvincente come una riunione di condominio.

E in effetti pare dovessero divorziare già tre anni fa. O forse non sposarsi affatto, viste le referenze di lui: «Il suo ideale di donna è una spogliarellista», sosteneva Gwyneth Paltrow dopo i tre anni di sua competenza. E Jennifer Lopez, che l'ha pressoché abbandonato all'altare, non fa distinguo quando archivia i suoi amori passati alla voce «mezze calzette».

Un cialtrone, ma di cui è impossibile liberarsi. Con la scusa di garantire ai figli continuità affettiva, infatti, Affleck continuerà a vivere in alcuni degli 800 metri quadri della casa di famiglia.

È il problema dei disaccopiamenti moderni: l'amore finisce, l'accollo rimane.