Ho capito che quella britannica era una civiltà superiore la prima volta in cui su un treno inglese ho visto una silent coach, una carrozza silenziosa. Quelle in cui gli altri non possono costringerti ad ascoltare le loro conversazioni al cellulare. Quelle in cui si abbassano le suonerie e si sta zitti. Le conversazioni altrui sono sempre state fastidiose ma, da quando nessuno usa più il telefono per telefonare, hanno anche un sovrappiù di esibizionismo molesto: se in un luogo pubblico, invece di mandare messaggi, parli a voce alta, quella non è una conversazione, è una performance. Che mi viene imposta: dalla galleria di Marina Abramovic posso andarmene, dal treno in corsa no.

Ho mugugnato sull'inciviltà italiana ognuna delle (poche) volte in cui ho ottimisticamente prenotato un posto sulla carrozza silenziosa di Italo. Speravo di fare un pisolino, ma c'era un annuncio a tutto volume ogni cinque secondi. Speravo che bastasse guardar male quello che aveva prenotato sulla carrozza silenziosa e stava al telefono lo stesso, ma il passeggero italiano è insensibile agli sguardi assassini.

Una volta, per la disperazione mi sono messa le cuffie – più per ripararmi dagli annunci idioti che ogni minuto ci tenevano a ricordarti da dove fosse partito il treno su cui viaggiavi, che per guardare il film che avevo sul computer; è arrivata la hostess e mi ha detto che non si poteva: anche dalla cuffia sarebbe potuto uscire un suono, e quella era la carrozza-silenzio. Non solo la carrozza silenziosa è rumorosa, ma non puoi neanche difenderti.

Molti anni fa feci una vacanza in una spa in Thailandia. Per dieci giorni, le uniche parole che ho sentito dalle massaggiatrici sono state «Va bene la pressione?». Quando mi chiedono se frequenti spa in Italia, dico di no: in Italia ti tocca far conversazione con le massaggiatrici. Che si paghi un'ora in una spa o un viaggio in treno, il silenzio sembra non essere previsto tra i servizi forniti.

Ho avuto la conferma della superiorità britannica quando ho letto che in Galles un sant'uomo che si chiama Scott Miller dà la possibilità, nel salone di parrucchiere di cui è proprietario, di prenotare una "sedia silenziosa": vai a tagliarti i capelli e non devi far conversazione; niente domande su cosa fai a Capodanno o resoconti della lite col fidanzato di quella che ti taglia la frangia.

Le indigene sono entusiaste. Una racconta che lei finora andava dal parrucchiere il sabato mattina, quando lui ha mal di testa per la sbronza del venerdì e non vuole chiacchierare. In attesa di importare la civiltà parrucchieristica, si potrebbe applicare il metodo alternativo ai treni: senti che silenzio, in questa carrozza? Solo passeggeri con postumi di sbronza.


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