Nel 1998 conducevo un programma radiofonico di quelli che l'editore (la Rai, in quel caso) vuole siano "a target giovane". Ci strillavano sempre che non avevamo abbastanza idee sui giovani, qualunque cosa essi fossero, e quindi a un certo punto facemmo una puntata su una nuova abitudine di quella debosciata generazione: chiedere in regalo ai genitori interventi di chirurgia plastica. Il "caso" che intervistai era la migliore amica del mio ex compagno di banco. Ma avrei potuto intervistare lui, che si era sistemato una quantità di roba, o me, che a un certo punto del liceo avevo preteso la liposuzione alle ginocchia (che bisogno potessero averne le mie ginocchia d'adolescente è un mistero). Eravamo ragazzini ricchi, avevamo genitori scemi: ci facevamo delle plastiche. In proporzione ai mezzi consentiti dalle epoche e dal denaro, al liceo si è cretini più o meno sempre allo stesso modo.

L'altro giorno, su una rivista americana, ho visto il centesimo articolo uguale degli ultimi decenni: diciassette anni dopo il '98, ci svelava che – scandalo, degrado – ragazzine giovanissime si sottopongono a interventi di chirurgia plastica. Dopo un'estate trascorsa a scoprire un'altra novità pazzeschissima: ragazzini giovanissimi vanno in discoteca e s'impasticcano e bevono. Avevo quindici anni quando finii al pronto soccorso di Trento per un'intossicazione da tequila – procuratami a casa di un'amica, non in discoteca. Avevo più o meno la stessa età quando mi cominciarono a piacere le discoteche. Non ricordo perché; probabilmente piacevano a qualche ragazzino per cui avevo una cotta, e io ho sempre avuto poca personalità: non saprei niente di cinema francese, se verso i diciassette non avessi sostituito quello da seguire in discoteca con quello da seguire in cineteca.

Proprio non mi ricordo, della gente con cui andavo a Riccione nel weekend, o nelle discoteche bolognesi durante la settimana, chi s'impasticcasse e chi no: adesso mi sembra impossibile sopportare quella musica se non sei drogato, ma è perché sono una vecchia bacucca, come d'altra parte tutti quelli che scrivono articoli sui giovani che si drogano. L'obbligatorietà di certa droga in certi posti è così una falsità che, quando non ero così vecchia e così bacucca, sono riuscita a fare due vacanze in Giamaica senza farmi canne: non perché avessi remore morali, ma perché ero troppo goffa per riuscire ad aspirare.

A metà anni Ottanta, Bologna-Riccione la facevo abbrancata a quello che mi piaceva, sul sellino posteriore del suo cinquantino da cross. Se ci ripenso, mi sembra pericolosissimo – molto più che impasticcarsi. E le mie ginocchia sono molto più bisognose d'interventi di allora. Solo che adesso, oltre che delle moto, ho paura dell'anestesia.

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