Terrazza è un film pieno di scene perfette. Nella mia preferita tra le scene perfette, Vittorio Gassman litiga con Stefania Sandrelli. Non si sono mai visti, si danno del lei, sono intorno al buffet d'una cena (quella cena dalla quale partono tutte le storie del film), e lei fa quel gesto nevrotico che facciamo tutte quando ci dà fastidio un capello che ci vola in faccia ma non riusciamo a scansarlo definitivamente, il tutto mentre regge il piatto e bisticcia.

A un certo punto, neanche invece che in un film del 1980 si trovasse in una pagina di cronaca dello scorso trimestre, dice persino, dopo che lui l'ha accusata di non avere una voce da usignolo: «E ti pareva che il maschiotto comunista non tirava fuori l'uccello». Lui - un gentiluomo del Pci, mica un vecchio porco di Hollywood - s'imbestialisce, più che per la battuta greve, per l'accusa di non essere sufficientemente di sinistra, e dice la frase definitiva: «Vi sappiamo, sì sì: siete voi i rivoluzionari. A che ora è la rivoluzione, signora, eh? Come si deve venire? Già mangiati?».

Quel che non sapevo a vent'anni è che quella intelligente era la Sandrelli

Quando avevo vent'anni - quell'età alla quale, come insegna Guccini, «è tutto ancora intero», e per contrasto o per conseguenza «si è stupidi davvero» - scrissi un romanzo che per fortuna nessuno volle pubblicare (ho già abbastanza porcherie adulte da farmi perdonare, ci mancava solo di dovermi vergognare delle opere giovanili). In cima a quel romanzo, in quello che i letterati chiamano "esergo" e le persone sensate "frasette da Smemoranda che le eterne liceali mettono in apertura dei romanzi", c'era Gassman che chiedeva a che ora fosse la rivoluzione. Quel che non sapevo a vent'anni è che quella intelligente era la Sandrelli. Quella che sapeva che farsi insultare e far sentire in colpa l'interlocutore è sempre una strategia vincente. E infatti ottiene tutto quel che vuole: di portarselo a letto, che lui si senta in colpa, che fugga a Milano con la scusa del lavoro lasciandole una lettera incomprensibile di decine di pagine. L'ultima scena della loro storia non è la risposta all'orario della rivoluzione, ma la sconfitta del conversatore sagace. Gassman si strugge promettendo di scriverle un'altra lettera, la Sandrelli schiva la lagna: «Lascia stare, casomai mi rileggo questa». A qualunque ora sia la rivoluzione, la vincono le acque apparentemente chete. Quelle che sono riuscite a farti sbroccare e a farti passare dalla parte del torto, insultandole.

Il cast del film La terrazzapinterest
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Il cast del film La terrazza (1980), di Ettore Scola.

Mentre noi facevamo la rivoluzione (già mangiati), in America nel 1968 eleggevano Richard Nixon. In un documentario d'un paio d'anni fa, Il ring, si racconta la rivoluzione televisiva in cui gli intellettuali iniziarono a compiacersi di sembrare pescivendole. La Abc aveva assoldato due letterati, il conservatore William Buckley e il noto scrittore gay (ma che detestava essere definito tale) Gore Vidal, per dibattere durante le convention elettorali. In uno degli ultimi dibattiti, Vidal diede a Buckley del criptonazista. La risposta di Buckley fu: «Non ti permettere, checca». È impagabile la faccia di Vidal quando capisce che ha fatto perdere la pazienza all'avversario e gli ha fatto dire l'indicibile in diretta. È la scena perfetta per capire che vince chi tace, mica chi dice la cattiveria più feroce.