Di fronte a sbarchi sempre più intensi di migranti, l'Italia minaccia Bruxelles di chiudere i porti alle navi delle ong con bandiera straniera. Che sta succedendo? Il caldo estivo e il mare piatto, combinati con guerra e siccità spaventose, spingono sempre più persone verso l'Europa. La via del mare è la più semplice e insieme pericolosa. E l'Italia è lì, invitante terra di mezzo, gigantesco hub d'Europa. Nessun muro, nessun blocco navale può seriamente proteggere le nostre coste. E allora che si fa? Fuori dalle coste libiche decine di navi private salvano le vite dei disperati. Poi li scaricano nei porti italiani, i più vicini, più sicuri e accoglienti. Un informale corridoio umanitario. A quel punto, sono problemi nostri.

Gli sbarchi dei migranti sono in aumento

L'Europa fa spallucce e nega l'ingresso a quella quota di migranti che per accordo europeo andrebbero ricollocati. La Francia addirittura, in barba ai trattati, rispedisce indietro i minorenni non accompagnati che varcano il confine di Ventimiglia. Si capisce la rabbia del nostro governo. Ma bloccare i porti rischia di violare le norme internazionali. Scorciatoie non ce ne sono. Servono più azioni combinate. Innanzitutto sveltire le procedure d'identificazione: oggi la loro lentezza causa la dispersione dei migranti nel territorio. Per procedere ai rimpatri di chi non ha diritto allo status di rifugiato, servono accordi con i Paesi di provenienza. E su questo punto Bruxelles ci deve affiancare. Poi occorre, visto il caos in Libia, cooperare con i Paesi dell'Africa subsahariana in modo da arginare le carovane di migranti nel deserto, incentivando nel contempo politiche di sviluppo. Ci vorranno anni, ma prima iniziamo e meglio è.

Emergenza migranti, ma sono anche un'opportunità

Infine, nell'immediato, dobbiamo chiedere alle ong di iniziare a sbarcare in Francia, Spagna e Malta i migranti come gesto politico dimostrativo per convincere quei Paesi a fare la loro parte. Se non la faranno, avrà senso tagliare i nostri contributi all'Europa. Tutto questo è politica «difensiva». Ma nel frattempo, attraverso una formazione adeguata, cominciamo a inquadrare i migranti in regola come un'opportunità per la nostra economia. E per farlo, coinvolgiamo le più grandi e responsabili aziende nazionali.